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De Bibliotheca

Biblioteca Telematica

CLASSICI DELLA LETTERATURA ITALIANA

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L'avventura di Maria

ITALO SVEVO

Commedia in tre atti

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ATTO SECONDO

 

 

 

SCENA QUARTA

CUPPI e DETTI

 

CUPPI. È permesso?

TARELLI. Il signor Cuppi. Avanti, avanti, si accomodi. Ella capita a proposito. Sa lei, dove abita il signor Valzini?

CUPPI. Sí. Perché?

TARELLI. Devo andare a ringraziarlo per il simpatico articolo che dedicò a mia nipote.

MARIA. Ringrazialo anche da parte mia, zio, e digli che non ho potuto accompagnarti, perché proprio ora ho le prove.

TARELLI. Mi farebbe un favore, se venisse con me.

CUPPI. Ben volentieri.

TARELLI. Vado a prendere il soprabito ed il cappello e sono con lei.

CUPPI (a Maria). Ella ha già deciso e proposto come passare la sera?

MARIA. Rimango in casa con la mia amica. Mi resta ancora poco da passare con lei.

CUPPI. Cosí, di me, assolutamente non ha bisogno?

MARIA. Se le piace venga qui a tenerci compagnia. (A Maineri.) Ci mettiamo a queste prove? Vado a prendere la musica. Dev'essere sul tavolo nella mia stanza. (Via.)

CUPPI. Scusi, maestro, a lei è piaciuta molto la signorina quale violinista?

MAINERI. Moltissimo. Perché me lo chiede?

CUPPI. Non chiedo piú nulla, io, ma… dirò sí… Ella è il primo che trovo entusiasta.

MAINERI. Davvero?

CUPPI. Intanto, in quanto a me, parlo di me che non me ne intendo affatto, io mi sono annoiato mortalmente; molto, ma molto.

MAINERI. E perché è qui a continuare ad annoiarsi quando nessuno ve la obbliga?

CUPPI. Non mi annoio qui, io. Quantunque si tratti di una pessima violinista, cioè una violinista che suona male il violino, la compagnia della signorina mi è piú cara di quella di tutto il resto della città. Naturalmente non piú cara di quella di Janson. (Con passione.) Oh, se Janson ritornasse! A lui potevo offrire oltre alla mia amicizia anche la mia ammirazione… sí… la mia approvazione cosicché la relazione con un artista diviene subito piú bella… piú gradevole. Mentre qui… (Risoluto a Maineri.) Scusi, maestro, ma io dubito del suo entusiasmo. Che diamine! Io sono… sí… una bestia… una persona che di violino non capisce niente… ma infine è impossibile… difficile ch'ella capisca qualche cosa di ciò che a me sembra… niente, cioè una stonatura senza sentimento. Eh, capisco. Dubito che un pochino della sua ammirazione per la musica sia dovuta alla bella personcina della signorina Maria. A forza di accompagnarla al pianoforte… naturalmente…

TARELLI (rientra). Andiamo?

CUPPI. Eccomi. E la signorina? (A Maria che rientra con la musica sotto il braccio.) Buon giorno, signorina! (Le stringe la mano.) Approfitterò sicuramente del suo gentile invito per questa sera.

TARELLI (a Maineri a bassa voce). Sa, io con Valzini sarò perfettamente cortese. Non creda mica per quello che ha udito ch'io abbia l'intenzione di dimostrarmi offeso. Non ne vale la pena, e anzi la prego di non riferire a nessuno le mie parole. Per essere del tutto sincero con lei, le dirò che per avere la magra soddisfazione di mostrare il mio disappunto, non mi privo della speranza che Valzini al secondo concerto non muti opinione. Come si chiama di nome, Valzini?

MAINERI. Venanzio.

TARELLI. Ebbene, Venanzio. Lo interpellerò sempre col nome di battesimo. "Signor Venanzio…" Peccato che non abbia un nome piú bello! Chissà se gli piacerà di venir chiamato con un tal nome!…

MAINERI. Cosí lo chiamano tutti.

TARELLI. Ci sarà dunque abituato. (Gli stringe la mano e via con Cuppi.)

MAINERI (subito al pianoforte con la sua parte in mano). Il concerto di Beethoven. Proviamo soltanto quello?

MARIA. Sí. Non occorre altro.

MAINERI. Ho da suonare il preludio intiero? Solitamente quando non si dispone di un'orchestra lo si omette o non lo si eseguisce che a metà.

MARIA (leva il violino dalla cassetta). Io desidero di udirlo intiero, altrimenti il concerto mi appare monco e disordinato. (Dolcemente.) Il preludio mi dà la disposizione occorrente per suonare. M'influisce perfino sulle dita, mi sento le falangi piú libere, piú volonterose. Attendo che tocchi a me con impazienza, quasi con curiosità, curiosità di udire quello che farò, come fosse la prima volta che avessi a suonarlo. Quel preludio mi pone immediatamente faccia a faccia con Beethoven. (Con asprezza.) Naturalmente che, se mentre lo suonano, ho dinanzi a me un pubblico distratto ed inquieto, ch'io vedo dall'alto come un raccolto di zucche vuote, allora invece di ascoltare il concerto mi metto a contare le zucche, meravigliato che il Creatore abbia commesso tanti errori.

MAINERI. Lei pensa al nostro pubblico?

MARIA. Oh, a lei e col violino in mano non voglio mentire. Il mio insuccesso, come lo chiamano qui, mi addolorò abbastanza. Non ho mai sofferto tanto ad un concerto, ed ho paura che il secondo sia ancor peggio. Come dice lo zio, dovrei essere superiore a queste cose. Ma come si fa a non alterarsi nel vedere la gente che mi circonda essere d'accordo col giudizio del pubblico, non solo, ma anche dubitare che in altri luoghi si sia potuto giudicare altrimenti sul mio conto. Lasciamo stare. (Accorda il violino.) Ella ha già eseguito questo concerto in pubblico?

MAINERI. Sí, con Janson.

MARIA (ironicamente). Cosí? Il signor Janson si degnava di uscire una volta dalle sue arie ungheresi, russe, valacche e di eseguire Beethoven?

MAINERI. Sí; l'applauso del pubblico però era provocato unicamente alla cadenza del primo tempo, una cadenza brillante, composta, credo, da uno spagnuolo. Il pubblico non apprezzerà mai il concerto, e francamente, credo che nemmeno ora gli piacerà.

MARIA. V'era dunque la sua brava cadenza spagnuola? (Siede.) Suoni, la prego, come se non sapesse che presto deve sopraggiungere il violino a toglierle la prima parte.

 

 

SCENA QUINTA

GIULIA e DETTI

 

GIULIA. Buon giorno! Ah, son le prove! (A Maineri che si è alzato.) Non si disturbi. Se me lo permettete starò un pochino ad ascoltare.

MAINERI. Ma senza dubbio. Ella rappresenta per noi un elemento ch'è bene vi sia anche alle prove: il pubblico.

GIULIA. Peccato che non potrò rimanere a lungo, perché di là ho molto da fare.

MARIA. Cose di premura?

GIULIA. Non di premura, ma di regola. Bisogna lavorare ogni giorno, altrimenti in fine d'anno si trova d'aver perduto molto tempo.

MARIA. Mi pare di sentir parlare la nostra brava monaca. Te ne rammenti? (Imitando la voce della vecchia monaca.) “Bisogna lavorare tre volte tanto quanto si lavora! Soltanto cosí si può contare sulla pace dell'anima e del corpo.”

GIULIA. Via, Maria! Non deridere quella santa donna! Io le devo tanto!

MARIA (meravigliata). Davvero, cosa le devi?

GIULIA. Quale domanda! Si è affaticata per me… mi ha insegnato, mi ha voluto bene!

MARIA. A me, invece, ha dato tanto noia! Devi confessare che il suono della sua voce non era bello. (Imitando di nuovo la vecchia): “Signorina, lei è una zingara!”. Ecco che hai evocato un ricordo poco gradevole! Incominci, signor Maineri! Giulia ci fa compagnia.

GIULIA. Sta bene, se mi permettete di portare qui il mio telaio…

MARIA. Perché no? Se vuoi puoi metterti persino a far quadri qui. Me non disturbi di certo. Già a te non basta di starmi ad ascoltare.

GIULIA. Starò ad ascoltare certamente. Ho un lavoro che soltanto qua e là esige attenzione… Di solito quando lavoro ripasso la lezione al mio figliuolo.

MARIA. Fai ancora piú di quanto quella santa donna consigliasse. Ella si sarebbe accontentata di un solo lavoro alla volta…

GIULIA (che non le fa attenzione). Porterò con me Piero. Vedrai come starà quieto e attento! (Via.)

MAINERI (con ironia). Questa sí ch'è una donna di casa perfetta!

MARIA (ridendo). Si; ma c'è di peggio. Pare impossibile, ma è pur nata madre di famiglia. Me la rammento già in collegio cosí.

 

 

SCENA SESTA

ALBERTO e DETTI

 

MAINERI (sempre seduto al pianoforte). Ecco il signor Alberto. Qui non ci mancherà il pubblico. Venga, venga, signor Alberto. Anche la signora Giulia ritorna subito.

ALBERTO (ridendo). Anche mia moglie si dedica all'arte? Ma se disturba lo dica con tutta franchezza.

MARIA. Ma no. L'ho pregata io stessa di farci compagnia.

ALBERTO. Ho da scrivere delle lettere e vado nella mia stanza, ma se permettono lascierò aperte le porte. Cosí mi sarà piú facile di prestar attenzione. (A Maria a bassa voce in tono di complimento.) Sa benissimo che la sua vista mi distrae… (Si allontana e grida dalla sua stanza): Potete incominciare!

MARIA. Tutti vogliono starci a sentire in questa casa, ma nessuno rinunzia al suo lavoro.

MAINERI. Lei deve sentirsi molto male in questa casa…

MARIA. No. Per un poco questi borghesi mi servono di distrazione.

 

 

 

 

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Edizione HTML a cura di: mail@debibliotheca.com
Ultimo Aggiornamento:13/07/2005 23.46

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