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De Bibliotheca

Biblioteca Telematica

CLASSICI DELLA LETTERATURA ITALIANA

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Inferiorità

ITALO SVEVO

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PERSONAGGI

 

ALFREDO PICCHI

GIOVANNI, il suo domestico

Conte ALBERIGHI

Barone SQUATTI

 

 

Stanza riccamente arredata nella villa di Alfredo Picchi. Due porte di fondo. Quella a destra rappresenta l'uscita; l'altra è la porta della stanza da letto di Alfredo. A destra dello spettatore c'è la porta della stanza di Giovanni. Tavolo in mezzo e varie ottomane e sedie. Sul tavolo una boccia d'acqua e dei bicchieri. Sono le ventiquattro e oltre.

 

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SCENA PRIMA

GIOVANNI, uomo robusto di circa 30 anni, sdraiato su di un'ottomana, dorme. Suono di campanello. Giovanni, destato, si leva di malumore.

 

GIOVANNI.        Diamine! Le ventiquattro suonate. (Va ad aprire.)

 

 

SCENA SECONDA

Entrano il barone SQUATTI e il conte ALBERIGHI. Ambedue in marsina e soprabito. Il primo di circa 40 anni, tozzo e panciuto, apparisce alquanto preso dal vino; il secondo di circa 25 anni, sportsman agile e forte.

 

GIOVANNI         (con sorpresa attenuata dal rispetto). Lor signori!? Il mio padrone…

ALBERIGHI.       Lo sappiamo. Non c'è. Siamo stati con lui fino a poco fa. Veniamo a far visita proprio a te. Ci offrirai almeno da sedere? (Si getta sull'ottomana piú vicina intanto che Giovanni ne offre un'altra al barone Squatti.)

SQUATTI             (ridendo). Non hai nulla da offrirci?

ALBERIGHI.       Lascia stare. Hai bevuto abbastanza.

SQUATTI.           Ma perché? Vediamo quello che Alfredo beve in casa sua.

GIOVANNI         (risoluto). Sono certo che il signor Picchi non avrebbe nulla in contrario che io offra loro - se loro aggrada - un certo liquore ch'egli predilige. Francese,… credo. Buonissimo, sanno.

SQUATTI             (lieto e sorridente). Ben risposto, ben risposto. Vediamo, dunque, questo liquore prelibato che, a quanto pare, tu conosci tanto bene.

GIOVANNI         (serio). Il mio padrone mi permette spesso di prenderne. (Esce dalla porta di fondo a sinistra dello spettatore.)

 

 

SCENA TERZA

SQUATTI e ALBERIGHI

 

SQUATTI.           Mi pare che sei bene avviato a perdere la tua scommessa.

ALBERIGHI.       Farò del mio meglio per guadagnarla. Hai visto? Che vigliacco! Impallidí quando gliela proposi. Peccato che non ci pensai subito. Avrei potuto assaltarlo sulle scale dell'albergo. Non avrebbe chiamato. Dev'essere di quelli che perdono la parola. (Spazientito.) Intanto con la tua sete eterna mi fai perdere tempo.

SQUATTI.           Come sei poco furbo! Già, voi uomini furbi siete sempre… poco furbi. Se bevo io, troverò il modo di far bere anche lui. È la via piú facile per farti raggiungere il tuo scopo.

 

 

 

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Edizione HTML a cura di: mail@debibliotheca.com
Ultimo Aggiornamento:13/07/2005 23.53

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