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De Bibliotheca

Biblioteca Telematica

CLASSICI DELLA LETTERATURA ITALIANA

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Le ire di Giuliano

ITALO SVEVO

Commedia in un atto

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PERSONAGGI

 

GIOVANNA

suoi figliuoli: LUCIA

MATILDE

EMILIO

ROMOLO (dodicenne)

GIULIANO, marito di Lucia

FILIPPO

MARIA, serva di Giovanna

 

 

Stanza ammobiliata con semplicità. Una porta a destra, una al fondo.

Un tavolo in mezzo circondato da tre sedie.

  

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SCENA PRIMA

LUCIA e MARIA

 

LUCIA (preceduta da Maria). Mamma è ancora a letto?

MARIA. Si sta vestendo! Sono appena le sette! E lei signora che raccontava sempre che prima delle dieci non si alzava?

LUCIA. Non ero nemmeno a letto!

MARIA. Ah! Hanno passato la notte fuori di casa?

LUCIA (con impazienza). Sí! Sí! va a vedere se mamma è alzata.

 

 

SCENA SECONDA

GIOVANNA e DETTE

 

GIOVANNA. Lucia a quest'ora?

LUCIA (scoppiando in singhiozzi e gettandole le braccia al collo). Sí! mamma mia! a quest'ora.

GIOVANNA. Che cosa ti è successo, mio Dio! Lui è ammalato?

LUCIA. No, mamma!

GIOVANNA. E allora?

LUCIA. Maria, perdonami, ho da dire qualche cosa a mamma! Dopo lo saprai anche tu, lo sapranno tutti.

MARIA. Vado, vado, signora! A me non ha mai interessato di sapere i fatti altrui. (Parte.)

GIOVANNA. Ebbene? Dunque! parla!

LUCIA (singhiozza appesa al suo collo).

GIOVANNA. Lucia! Lucia! Ma dunque! Lucia! Mi fai morire dallo spavento!

LUCIA. Da spaventarsi non c'è, ma da piangere! Oh! Mamma!

GIOVANNA. Ma parla dunque!

LUCIA. Ho fatto baruffa con Giuliano!

GIOVANNA. E questo è tutto? Ma tu sei pazza di spaventarmi in tal modo! (Sedendosi.) Non ne posso proprio piú!

LUCIA. Oh! mamma! Se sapessi quale notte io ho passato! Non mi gettai neppure sul letto! (Con amarezza.) Egli invece dormí come se nulla fosse accaduto!

GIOVANNA. Dunque! racconta! Che cosa avete avuto fra di voi?

LUCIA. Guarda, è una cosa che quasi non si può raccontare, tanto si capisce che sentendola deve apparire ridicola! Ma senti! Io non mi lagnai con te da molto tempo delle scenate di mio marito! Tu credevi di certo che non me ne facesse piú, mentre non ne sapevi perché io ne taceva temendo di affliggerti troppo. Poi sperava sempre che una buona volta egli si calmasse; quando ci si rappacificava egli prometteva sempre che sarebbe stata l'ultima volta! Invece una seguiva all'altra, senza interruzione, quasi come i minuti ai minuti!

GIOVANNA. Oh! via!

LUCIA. Te lo assicuro! mamma! Erano molto spesse! Nell'ultimo tempo specialmente. Io gridava, minacciava, con te sola tacevo! Con Matilde mi lagnai molte volte. Alla fine però doveva sempre fare la pace, concedere il perdono! Nell'ultimo tempo gli dissi che se ancora una volta mi lanciava insolenze, gridava o bestemmiava, io sarei sortita da quella casa, fuggita. Ebbene! oggi sono fuggita!

GIOVANNA. Tu non parli seriamente!

LUCIA. Tanto seriamente, tanto ponderatamente! Ci ho pensato tutta la notte! Ho vagliato una per una tutte le mie buone ragioni.

GIOVANNA. Gli hai detto che non vuoi ritornare?

LUCIA. No! ma gliel'ho scritto.

GIOVANNA (ridendo). Oh! la mia povera bambina! ma quanto bambina sei ancora! Non era proprio ancora tempo di sposarti! Per simili sciocchezze vuoi dividerti dal marito?

LUCIA (a voce bassa). Mi ha bastonata!

GIOVANNA (mutando tono). Ti ha bastonata? Bastonata? Oh! Vergine santa! Bastonata? Ah! signor Giuliano villano! Oh! la mia povera figliuola!

LUCIA (con voce molto commossa). Ieri a sera è venuto a casa già di malumore. Non so quale affare gli era andato male! Brontolò tutta la sera a cena! Gli portavano il cibo troppo lentamente, poi la carne era fredda, l'insalata condita male; poi sgridò - ma in qual modo - la serva perché ruppe un bicchiere. Io stetti zitta perché lo conosco, ma subito dopo cena mi misi a lavorare al telaio! Poco cortesemente egli m'invitò a sedere a tavola ed io non volli. Gli dissi a mo' di scusa che dovevo finire il lavoro quella sera e lui tacque per molto tempo. Covava l'ira. Tutto ad un tratto si alzò gettando a terra la sedia, mi corse addosso, prese il telaio, lo lanciò in aria; mi trascinò al tavolo e mi piegò a sedere; proprio mi sforzò, perché io, irrigidita, per spavento piú che per volere resistetti. Poi mi misi a piangere, ma non gli dissi neppur una brutta parola. A che serviva? Io voleva fare di piú: l'avevo deciso. E tutta la notte ci pensai; non chiusi occhio. Ho proprio compreso che sarei stata una sciocca a continuare a far quella vita. Perché? Per chi?

GIOVANNA (seria). È un passo grave, molto grave, quello che tu vuoi fare. Perché dovresti continuare la vita fatta finora? E non l'ami?

LUCIA. Amarlo? Io, amarlo? Ma l'odio! (Piange. Poi singhiozzando.) Odiarlo! Neppure tanto! È uno sciocco, è un matto! Anche questa non ti ho raccontato! Egli è geloso, ossia dice d'esserlo! E sai di chi? Del cugino Filippo!

GIOVANNA (sorpresa). Del cugino Filippo?

LUCIA. Sí, del cugino Filippo, di quello scimunito! Lo trovò due o tre volte in casa e non mi disse nulla allora; trattò con gentilezza anche quel povero disgraziato. Solo quando va riprendendo il suo stato normale, sortendo dalla collera, per ultima insolenza mi dice che io non creda che lo si possa ingannare; che lui vede, che lui ascolta e che prima o poi avrà prove piú materiali per accusarmi. Cosí senza a proposito come se vi avesse pensato sempre! Ma per chi mi tiene dunque? (Piange.)

GIOVANNA. Bisognerà cercare di disingannarlo. Perché, chissà? Forse lui ci crede.

LUCIA. Oh! ora a chi interessa? E poi, servirebbe? Anche prima d'aver fatto questa magnifica scoperta aveva simili assalti d'ira ed altrettanto frequenti!

GIOVANNA. Ma è tanto tremendo?

LUCIA. Oh! mamma mia! se tu lo vedessi! Non lo si conosce piú! Ha negli occhi un bagliore fosco; io non lo so, ma credo che cosí guardino gli assassini! Quando in quegl'istanti gli rispondevo facendo la coraggiosa, col pensiero pregavo per trovarmi preparata alla morte!

GIOVANNA. Esageri!

LUCIA. Oh! no mamma! È proprio cosí! (Piange.)

GIOVANNA. E quando non è irritato come ti tratta?

LUCIA. Conforme. Subito dopo l'ira, male. Per esempio se fossi rimasta in casa ancora per qualche giorno, mi avrebbe trattato ruvidamente, non mi avrebbe rivolto la parola. Egli dormí tutta la notte voltandomi la schiena con la testa sotto le coperte cosí che quando si alzò questa mattina aveva gli occhi rossi dal riscaldo. È uscito senza aprir bocca. Forse non andrà neppure a pranzo a casa e non s'accorgerà della mia assenza che questa sera. Sarebbe venuto a casa alla sera, calmo, ma con un aspetto indifferente, come di granito. Io solitamente non gli parlavo, ma se gli chiedevo perché non fosse venuto a pranzo mi diceva con dolcezza ma senza guardarmi: “Aveva molto da fare.” Se ne andava poi a letto senza dirigermi la parola a meno che non abbisognasse di qualche cosa e allora lo faceva dolcemente. Al mattino dopo io fingevo sempre di dormire e lui si muoveva a piano per non svegliarmi, ma prima di uscire si chinava su me, mi guardava e mi dava leggermente un bacio. Da vero ogni volta, regolarmente, faceva cosí. In principio io non sapeva continuare nella finzione e aprivo gli occhi, gli gettavo le braccia al collo e non se ne parlava piú. Ma dopo il molto esercizio che mi fece fare, appresi a fingere e continuavamo a tenerci il broncio per molti, molti giorni. Ossia il broncio? Io a lui sí, lui a me no, perché aveva un contegno spigliato, indifferente, come se il tutto non lo riguardasse. Mi parlava poco e con dolcezza, non mi si avvicinava piú di quanto assolutamente facesse bisogno. Un bel giorno ci trovavamo in pace senza saper come.

GIOVANNA. E allora? Allora?

LUCIA (triste). È vero, per giorni, per settimane allora mi trattava bene, amorevolmente, come nessun altro marito può trattare la moglie. Pareva impossibile che avesse ancora da dirigermi parole dure. Invece, senza ragione apparente, riacquistava un giorno il suo sguardo torvo, poi subito la parola da facchino, se non gli atti. (Piange.)

GIOVANNA. Davvero che è incomprensibile! Bisognerebbe farlo esaminare da un medico perché assolutamente quell'uomo deve essere ammalato.

LUCIA. È quello che dico anch'io, ma non tocca di certo a me guarirlo.

 

 

SCENA TERZA

EMILIO e DETTE

 

EMILIO. Buon giorno, mamma, buon giorno Lucia. Già qui? Hai pianto?

LUCIA. No!

EMILIO. Hai gli occhi come se avessi pianto.

GIOVANNA. Ed ha pianto di fatti.

EMILIO. Perché? Sta forse poco bene il marito?

GIOVANNA. Si direbbe. L'ha bastonata.

EMILIO. Bastonata?

LUCIA. No! bastonata, no! Mi ha preso un po' ruvidamente per le spalle e mi ha fatto sedere ove lui voleva.

EMILIO. Meno male! Ma non ci dicevi due o tre giorni or sono che l'irritabilità di tuo marito s'era diminuita?

LUCIA. Lo dicevo per fare un piacere a mamma ma non era vero.

EMILIO. Eh! ma col tempo vedrai che ti riuscirà di migliorarlo. Ti vuole tanto bene.

LUCIA. Ci vorrebbe troppo tempo. Io l'ho provato, son due anni che sono sposata e che lo tento.

 

SCENA QUARTA

MATILDE e DETTI

 

MATILDE. Eri già questa mattina da me?

LUCIA. Sí, volevo parlarti prima di venire da mamma, ma fosti troppo lenta ad alzarti ed io non ebbi pazienza di attenderti.

MATILDE. Ho compreso subito che venivi in seguito ad una delle solite dispute con tuo marito, che interrompono la vostra eterna luna di miele.

GIOVANNA. A te raccontava sempre dei suoi dispiaceri con il marito?

MATILDE. Sí, sono stata io a consigliarla di non parlarne ogni volta a te.

GIOVANNA. Hai fatto male perché se io lo avessi saputo avrei forse potuto impedire che la cosa proceda tant'oltre.

MATILDE. Non si tratta di cosa solita?

GIOVANNA. Stimo io! si tratta di atti villani.

MATILDE (sorpresa). Oh! la bestia! (Poi correggendosi, a Lucia.) Scusa!

LUCIA. Di' pure, non ne potrai mai dire quanto io ne penso.

GIOVANNA (seria). Adesso è la volta di consigliare e consigliare bene Matilde. Dille che per tali cause non ci si divide dal marito.

MATILDE (ridendo). Dividersi? Tu hai progettato tanto?

LUCIA. Progettato? Eseguito. Sono qui e a casa mia non ci ritorno piú.

MATILDE (spaventata). Ma tu impazzisci!

EMILIO. Mi meraviglio che mamma dia importanza a queste tue parole che possono esserti state suggerite da un momento d'ira.

LUCIA. Tu t'inganni, io non sono piú irritata. E di che? Del fatto di ieri sera? Non si perde la facoltà di pensare per un fatto che non è che la ripetizione di tanti altri identici; si riprova il medesimo disgusto, un poco aumentato, molto aumentato anzi. (Adirandosi.) Anche a ripensarci soltanto mi rivolta; quando mi accade non so se piangere o ridere al cospetto di tanta rozzezza.

EMILIO. Sei ancora sempre adirata.

LUCIA. È vero. (Calma) Vedi però che mi calmo presto. Adesso sono interamente calma perché ho preso la mia decisione; ho pensato a tutto, ho previsto tutto.

EMILIO. Sentiamo come hai riflettuto. Che cosa farai tu per esempio?

LUCIA. Quella è stata la prima cosa a cui pensai. So che tu, Emilio, giungi a pena a mantenere con decoro la mamma e te. Lavorerò anch'io e procurerò anche di riavere il mio posto di maestra comunale. (Allegramente.) Chissà? Forse riesco anche ad aiutare la famiglia. Sono pronta a lavorare giorno e notte pur di vivere a canto a mamma.

GIOVANNA. Povera la mia bionda!

EMILIO. È questo il tuo magnifico calcolo? Non sai che questo calcolo fatto a mente fredda rovina la tua famiglia? Non è il mantenerci che ci rovinerà ma l'odio di tuo marito, anche la sola sua indifferenza. Non sai che tutti noi dipendiamo da lui? Io ho il suo appoggio, sue raccomandazioni, il marito di Matilde altrettanto e forse altro ancora? C’è Momi ch'è impiegato da lui.

LUCIA. Oh! per i grandi vantaggi che ha Momi dal suo impiego! Credo che a quelli la famiglia può rinunciare.

EMILIO. Ma ti ripeto, non è quella la questione! Se io ho potuto finora mantenere la mamma, se posso anche adesso pensare a maritarmi, lo devo a tuo marito.

LUCIA (freddamente). Insomma, caro Emilio, io non avevo il dovere di pensare a tutti, io pensai a me; trovai che quella vita non potevo continuare a farla, pensai che con le mie cognizioni avrei potuto vivere indipendentemente e mi risolsi. Scrissi già persino per riavere il mio posto.

EMILIO. Se è cosí, se di me, di tua sorella, di tua madre non t'importa nulla, allora hai fatto bene, hai fatto benone.

GIOVANNA. Insomma, Lucia farà quello che il suo cuore le detterà. Non sono questi gli argomenti che voglio veder adoperati per convincerla.

 

 

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Edizione HTML a cura di: mail@debibliotheca.com
Ultimo Aggiornamento:13/07/2005 23.38

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