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CLASSICI DELLA LETTERATURA ITALIANA

NUOVA CRONICA

Tomo Secondo

Di: Giovanni Villani

 

LIBRO DECIMO (145-216)

CXLV
Come i signori di Milano sotto trattato d'accordo colla Chiesa corruppono il dogio d'Ostericchi, sì che si tornò in Alamagna.
Messer Ramondo di Cardona era col legato a Valenza con MD uomini a cavallo e con gente a piè innumerabile crociati per venire verso Milano da la parte di Pavia. Il detto capitano veggendosi così assalire da tutte parti da la forza de la Chiesa, mandò XII de' maggiori cittadini di Milano per ambasciadori al legato cardinale per acconciarsi co la Chiesa, però che 'l popolo di Milano veggendosi sì fatti eserciti di gente venire adosso, non voleano essere scomunicati, né distrutti per quegli della casa de' Visconti. Essendo i detti ambasciadori col legato a Valenza trattando d'accordo, il detto capitano di Milano mandò segretamente suoi ambasciadori in Alamagna, e eziandio moneta assai a Federigo dogio d'Ostericchi, mostrando come facea contra lo 'mperio e contro a·ssé medesimo; e che se la Chiesa e 'l re Ruberto avessono la signoria di Milano, avrebbono tutta Lombardia, e' fedeli dello imperio di Lombardia e di Toscana, distrutti per modo che mai non porrebbe passare in Italia né avere la corona dello 'mperio. Il Tedesco per queste ragioni e per la cupidigia della moneta fue scommosso, e mandòe al suo fratello Arrigo, ch'era a Brescia, che cogliesse alcuna cagione e si tornasse addietro. Il quale avuto il mandato del fratello, e disparte dal capitano di Milano e dagli altri tiranni di Lombardia moneta assai, avendo ordinato co' Bresciani e col patriarca d'Aquilea e con loro séguito d'andare ad oste sopra la città di Bergamo, ch'era in trattato d'arendersi a·lloro, mosse quistione a' Bresciani, che in prima che si partisse volea la signoria di Brescia. I Bresciani negando che no·lla poteano dare, perché vacando imperio s'erano dati al re Ruberto, incontanente sanza niuno ritegno si partì de la terra a dì XVIII di maggio MCCCXXII, e con tutta sua gente se n'andò a Verona, il quale da messer Cane della Scala signore di Verona onorevolemente fu ricevuto e presentato di ricchi doni; poi appresso sanza dimoro se n'andò in Alamagna, guastando a la Chiesa sì grande impresa e sì bello servigio incominciato, per sì fatto tradimento.
CXLVI
Come i Pistolesi feciono triegua con Castruccio contra 'l volere de' Fiorentini.
Nel detto anno MCCCXXII, del mese d'aprile, essendo i Pistolesi molto gravati di guerra da Castruccio signore di Lucca, il quale tenea il castello di Serravalle presso a tre miglia a Pistoia, trattato ebbono co·llui di triegua; onde i Fiorentini entraro in grande gelosia, che Castruccio sotto la detta triegua non prendesse la terra; per la quale cosa più volte vi mandarono loro ambasciadori per isturbarla. A la fine la terra si levò a romore, e feciono loro capitano di popolo l'abate di Pacciana di Tedici, che volea la detta triegua, e contra volontà de' Fiorentini la feciono, dando di trebuto a Castruccio IIIm fiorini d'oro l'anno, e cacciarne per ribelli il vescovo e altri caporali che teneano co' Fiorentini.
CXLVII
Come in Siena ebbe romore e novitade.
Nell'anno MCCCXXII, del mese d'aprile, la città di Siena fue a romore per cagione che quegli della casa de' Salimbeni uccisono una notte due frategli carnali figliuoli di cavaliere della casa de' Tolomei, loro nemici, nelle loro case. Per la potenza de le dette due case i Sanesi quasi tutti parati per combattersi insieme, e temendo di certe masnade tedesche che' Pisani e Castruccio mandavano per lo loro contado al vescovo d'Arezzo, per aiuto mandarono a' Fiorentini, i quali mandarono loro le masnade de' Friolani, ch'erano CCCL cavalieri, molto buona gente, e tutte le leghe del contado di Firenze di genti a piè vicini de' Sanesi; per la qual cosa la città di Siena si guarentì da battaglia cittadina, con tutto rimanesse assai pregna di male volontadi tra·lloro.
CXLVIII
Come i Ghibellini di Colle vollono prendere la terra e furono sconfitti.
Nell'anno MCCCXXII, del mese d'aprile, usciti di Colle di Valdelsa coll'aiuto di certi ribelli di Firenze entrarono per forza nel borgo di Colle. Quelli della terra combattendo per forza gli ripinsono fuori, e assai ve ne rimasono morti e presi; e quegli di Colle feciono popolo co la 'nsegna a croce del popolo di Firenze.
CXLIX
Come il soldano de la Soria corse e prese quasi tutta l'Erminia.
Nel detto anno MCCCXXII, del mese d'aprile, il soldano de la Soria con più di XXVm Saracini a cavallo corsono l'Erminia di sotto, e quella presono e guastarono tutta infino a la marina, salvo alcuna fortezza di montagne; e tutti gli Ermini e Cristiani che in quella correria presono, assai n'uccisono e menarono in servaggio; e questa persecuzione si disse fu per loro peccata e discordia, che essendo morto il re d'Erminia, e rimasi di lui due piccioli figliuoli, il signore del Curco suo zio prese per moglie sanza dispensazione di papa la reina stata moglie del nipote, e figliuola del prenze di Taranto, per aversi la signoria del reame; e quella reina ripresa del matrimonio che volea fare, e che mandasse al papa per dispensazione, disse che prima si peccava che si domandasse perdono; onde i baroni isdegnati furono in discordia e partiti, per la qual cosa quando fue bisogno non difesono il reame da' Saracini, onde l'Erminia fu quasi distrutta.
CL
Come il re di Tunisi cacciato di signoria la racquistò.
Nel detto anno MCCCXXII, del mese d'aprile, il re di Tunisi, ch'era stato cacciato di Tunisi, come adietro fa menzione, s'acordò co' signori degli Arabi, e raunato suo isforzo, con alquanti Cristiani di soldo e' venne verso Tunisi con IIIIm uomini a cavallo e con gente a piè assai. L'altro re che tenea Tunisi uscì fuori a battaglia e fue sconfitto, sì che il primo re fu vincitore e racquistò il suo reame. Questo re fu figliuolo di madre cristiana, e assai si ritenea co' Cristiani.
CLI
Come il vescovo d'Arezzo cominciò guerra a' conti, e prese Castello Focognano.
Nell'anno MCCCXXII, del mese di maggio, il vescovo d'Arezzo, ch'era di quegli da Pietramala, fece raunata di VIc cavalieri con CL Tedeschi ch'ebbe da' Pisani e da Castruccio signore di Lucca: dissesi che ciò avea fatto per soccorrere il conte Federigo da Montefeltro; ma sentendo ch'era morto, cavalcò co la detta gente in Casentino, e tolse il castello di Fronzole sopra a Poppio, il quale teneano i figliuoli del conte da Battifolle; e fatto ciò, incontanente cavalcò e puosesi a oste a Castello Focognano. I Fiorentini a richesta dei conti e de' signori del Castello Focognano mandarono in Casentino CCCL cavalieri friolani, e fermossi in Firenze di dare loro aiuto generale, quanto il Comune potesse fare, per levare il detto assedio, ricordandosi i Fiorentini che 'l detto vescovo, non istante la pace fatta co·lloro alla sconfitta a Montecatini, CL de' suoi cavalieri mandò incontro a l'oste de' Fiorentini; e poi quando Castruccio ruppe la pace a' Fiorentini e cavalcò in sul contado di Firenze, ne mandò C cavalieri in suo aiuto. Faccendo i Fiorentini l'aparecchiamento d'oste, e richesti gli amici di Toscana e di Romagna e de la Marca, il detto vescovo per tradimento che ordinò con uno piovano di que' signori del castello ebbe a patti il detto castello, ch'era fortissimo e ben fornito; e come gli fu renduto, sanza attenere patti il fece tutto ardere, e poi diroccare infino a' fondamenti.
CLII
Come Romeo de' Peppoli e suo séguito vennono per prendere Bologna e andarne in isconfitta.
Nel detto anno, del mese di maggio, il grande ricco uomo Romeo de' Peppoli cacciato di Bologna, come adietro è fatta menzione, essendo a Cesena in Romagna, de' suoi propi danari e con amici subitamente raunò IIIIc cavalieri: venne a la città di Bologna, e con aiuto di certi suoi amici ch'erano ne la città entròe dentro a l'antiporte ne' borghi. I Bolognesi quasi improvisi de la sùbita venuta, francamente difendendo la terra, i detti loro ribelli per forza e con grande loro dammaggio gli ripinsono fuori de la città, e poi più confinati e ribegli feciono di quella parte, rimanendo Bologna in grande sospetto e in male stato, e mandarono per aiuto a' Fiorentini, i quali mandarono loro CL di loro cavalieri.
CLIII
De' romori e grandi novità ch'ebbe nella città di Pisa per la setta de' cittadini.
Nel MCCCXXII, del mese di maggio, la città di Pisa si levò a romore per cagione delle sette ch'erano tra' cittadini. Messer Corbino de la casa de' Lanfranchi uccise messer Guido da Caprona de' maggiori cittadini che vi fosse; e quello de' Lanfranchi preso a romore di popolo, a·llui e al fratello fu tagliato il capo. E per cagione di ciò non cessò il romore ne la terra, ma più caldamente si raccese, che il conte Nieri de' Gherardeschi signore delle masnade tedesche co' grandi de la terra corsono la città, e a furore da' detti grandi Lanfranchi e Gualandi e Sismondi e Capornesi ch'erano dell'altra setta contra il popolo uccisono tre possenti popolani, e cercando per tutto quegli ch'erano de la setta di Coscetto dal Colle per uccidergli, dicendo che aveano fatto uccidere quello da Caprona, e facieno venire Coscetto dal Colle: il popolo per la detta ingiustizia e micidi isdegnarono contra il conte Nieri e contra i grandi. Il secondo dì s'armarono e corsono la terra, e vollono che giustizia si facesse, onde furono condannati XV de' maggiori de le dette case per ribelli, e guasti i beni loro: il conte medesimo sarebbe stato corso dal popolo di Pisa, se non che si trovò forte de le masnade; e sì si disse che ne' micidi detti non avea avuto colpa, ma più il campò che Castruccio con tutto suo isforzo venne per due volte infino in sul Monte San Giuliano. I Pisani temendo de la sua venuta, ch'egli e la sua gente non corressono e rubassono la città, sì gli contradissono la venuta. Istando i Pisani sotto l'arme e in grande sospetto più giorni per le dette divisioni e sette, Coscetto dal Colle popolano, uomo di grande valore e ardire, il quale era stato capo di popolo in Pisa a cacciare Uguiccione da la Faggiuola, e poi a uccidere quegli della casa de' Lanfranchi, come adietro ha fatta menzione, e allora era fuori di Pisa per ribello, sentendo le dette divisioni in Pisa per certi trattati di suoi amici d'entro, venia in Pisa per mutare stato a la città, e per uccidere e cacciare il conte Nieri e' suoi seguaci; essendo fuori di Pisa assai presso a la città in una piccola casa d'uno villano per entrare la mattina per tempo in Pisa, un suo compare e confidente il tradì e l'apostò al conte, il quale a grande furore fu menato preso in Pisa, e sanza altro giudicio fatto, il fé tranare, e tranando tagliato a pezzi, e gittato in Arno. E fatto ciò, la terra si racquetò, e feciono grande festa e processione, e mandaro a' confini più nobili e popolani de la setta del detto Coscetto in diverse e lontane parti del mondo, e 'l detto conte Nieri feciono signore e difensore del popolo di Pisa dì XIII di giugno MCCCXXII; e così in pochi dì il detto conte fu in così varie e diverse fortune.
CLIV
Come Castruccio fece uno grande castello in Lucca.
Nel detto anno, del mese di giugno, MCCCXXII Castruccio signore di Lucca spaventato per la morte del conte Federigo da Montefeltro, e per le mutazioni fatte per lo popolo di Pisa contro al conte Nieri, temendo che 'l popolo di Lucca nol corressono a furore, ordinòe nella città uno maraviglioso castello, che quasi la quinta parte de la città da la parte di verso Pisa prese, e murò di fortissimo muro con XXVIIII grandi torri intorno, e puosegli nome l'Agusta, e caccionne fuori tutti gli abitanti, e egli e sua famiglia e sue masnade vi tornò ad abitare; la qual cosa fu tenuta grande novità e magnifico lavorio.
CLV
Come il re di Tunisi fu ricacciato de la signoria.
Nel detto anno, del mese di giugno, il re di Tunisi ch'avea raquistata la signoria del mese d'aprile passato, sì come è fatta menzione, fue cacciato de la signoria da l'altro re suo nimico: coll'aiuto di certa parte degli Arabi riprese la signoria.
CLVI
Come morì messer Maffeo Visconti capitano di Milano.
Nel detto anno MCCCXXII, a dì XXVIII di giugno, morì messer Maffeo Visconti capitano per lo 'mperio di Milano a la badia di Chiaravalle fuori di Milano, scomunicato da la Chiesa di Roma, e con processo d'eretico e sismatico. Questi fue uno savio signore e tiranno, e molte grandi cose trasse a fine per suo senno e industria, e visse più di LXXXX anni, e infino a l'ultimo fu savio e di grande signoria. Il detto dì che morì, Galeasso suo maggiore figliuolo e capitano di Piagenza corse la città di Milano co le masnade de' soldati, e fecesi fare quasi per forza capitano di Milano uno anno.
CLVII
Come nella Chiesa di Roma nacque grande quistione sopra la povertà di Cristo.
Nel detto anno MCCCXXII grande quistione nacque ne la Chiesa di Roma, onde seguì nuovo errore tra' Cristiani, per movimento che fece uno grande maestro in divinità de' frati minori, che predicava in Proenza, che Gesù Cristo fu tutto povero sanza avere nullo propio né in comune, onde molti prelati e frati predicatori, ed eziandio in corte papa Giovanni e' suoi cardinali contradissono a·cciò, provando che Cristo cogli apostoli ebbe propio in comune, come si mostra per gli Vangeli, che Giuda Scariotto era camerlingo e spenditore de' beni loro dati per Dio, e ancora così seguiro i discepoli, come si mostra per gli Atti degli appostoli. Per la qual cosa il papa crucciato contro a quegli frati e altri prelati che sosteneano l'altra oppinione, dicendo ch'erano eretici, o elli e gli altri papi passati e cardinali e prelati ch'aveano propietà comune erano eretici; e di ciò diede termine a' frati, che a questo articolo diliberatamente rispondessono. Per la qual cosa i frati minori feciono capitolo generale a Perugia, nel quale dichiararono e rispuosono al papa ch'eglino ne credeano quella oppinione che la Chiesa di Roma per antico avea consueto, e quello che ne fu dichiarato per papa Niccola terzo. Il papa per questa cagione fece uno dicreto, che l'ordine de' frati minori non potesse avere nullo comune propio, né' loro procuratori potessono nullo bene temporale domandare sotto titolo della Chiesa di Roma, né potere esser a nulla esecuzione di testamento, né quello che a·lloro fosse lasciato per favore di Chiesa, né secolare braccio potere domandare. La qual cosa fu tenuta grande novità nella Chiesa di Dio.
CLVIII
Come in Firenze s'ordinò una fiera, e altre novitadi.
Nel detto anno MCCCXXII, del mese di giugno, i Fiorentini ordinarono una fiera in Firenze di cavagli e di tutte cose per la festa di san Giovanni di giugno, la quale feciono franca a' forestieri VIII giorni innanzi a la festa e VIII giorni appresso, la quale si facesse nel Prato d'Ognesanti; ma poco tempo apresso durò, per cagione de le grandi gabelle ch'erano allora in Firenze; e d'altra parte, considerando il vero de la piena arte e mercatantia ch'è in Firenze, ogni dì si può dire vi sia fiera. E a dì VII di luglio vegnente s'apprese il fuoco in sul ponte Vecchio, e arsono tutte le botteghe ch'erano da mezzo il ponte in qua, con molte case di sotto le volte. E infra quattro semmane vegnenti s'appresono l'altre botteghe da l'altro lato, e arsono tutte e casa de' Mannelli. E in quello tempo uno sottile maestro di Siena per suo artificio fece sonare la gran campana del popolo di Firenze, ch'era stata XVII anni che nullo maestro l'avea saputo farla sonare a distesa, essendo XII uomini, e acconciolla per sì sottile e bello artificio, che due la poteano muovere, e poi mossa, uno solo la sonava a distesa (e pesa più di XVIIm di libbre); onde il detto maestro per suo servigio ebbe dal Comune CCC fiorini d'oro.
CLIX
Di guerra che fue in Cicilia e in Calavra.
Nel detto anno MCCCXXII, a l'uscita del mese di giugno e a l'entrata di quello di luglio, il duca di Calavra figliuolo del re Ruberto mandò da Napoli in Cicilia XVIII galee armate in corso sopra i Ciciliani, le quali presono e guastarono l'isola di Lipari, e poi guastarono le tonnare di Palermo, e corseggiaro intorno a l'isola con danno assai di Ciciliani. Partite le dette galee, il re Federigo fece armare in Messina XXVI galee, e con più legni puose cavalieri e genti a piè assai a Reggio in Calavra, e guastollo intorno, e simigliante Niccotera e più altre terre sanza altro aquistare, ma le sopradette galee del duca misono in caccia.
CLX
Come messer Ramondo di Cardona capitano per la Chiesa fue sconfitto al ponte a Basignano.
Nel detto anno MCCCXXII, dì VI di luglio, essendo messer Ramondo di Cardona capitano in Lombardia per la Chiesa, de la gente della Chiesa e del re Ruberto, a l'assedio de la rocca di Basignano, e quella molto distretta, ch'egli aveva fatto fare ponti di navi in sul Po, sì che vittuaglia non vi potea entrare, messer Marco Visconti di Milano con suo isforzo di XXIIc di cavalieri e con popolo a piè grandissimo venne al soccorso, e puosesi a oste sopra i borghi di Basignano, e messer Gherardino Spinoli uscito di Genova capitano de la detta oste con grande navilio scese giù per Po, per combattere il ponte e fornire la detta rocca, e messer Marco per terra assaliro a un'ora l'oste di messer Ramondo ch'era fuori de' borghi, ov'ebbe grandissimi assalti e battaglie, e per più riprese. E volendo rompere il detto ponte sopra al Po mettendo fuoco, e l'altra parte difendendo, grandissimo dammaggio vi ricevettono quegli del capitano di Milano di morti e d'annegati; e avendo perduto in Po, si ritrassono in terra, ov'era cominciata la battaglia per la cavalleria e popolo, la quale durò da mezzo dì a vespro; e per due volte rotti quegli di Milano, e morti più di CCC uomini di cavallo, e di que' da piè grande quantità; a la fine essendo la forza di messer Marco maggiore che quella di messer Ramondo, il quale non avea che XIIc di cavalieri, e di quegli gli convenia guardare di qua e di là da Po e il ponte sopra Po, la gente sua ch'era dal lato de' borghi, per soperchio di gente fu ripinta per forza ne' borghi e sconfitti, ove morirono di sua gente da CL uomini di cavallo, e di que' da piè assai; e così quegli che maggiore dammaggio ricevettono furono vincitori del campo, e rifornirono la rocca di Basignano, e rimasono all'assedio de la gente de la Chiesa ch'era ritratta ne' detti borghi.
CLXI
Conta di grande guerra tra il re d'Inghilterra e quello di Scozia.
Nel detto anno MCCCXXII, del mese di luglio, il re di Scozia con suo isforzo, sentendo la divisione ch'era in Inghilterra tra 'l re e' suoi baroni, venne in su l'Inghilterra, e tutte le frontiere de' suoi confini guastò. Sentendo ciò il re d'Inghilterra, del mese presente d'agosto con tutto suo isforzo andò ad oste in Iscozia per terra, e per mare vi mandò bene CCC cocche e navi armate. Gli Scotti sentendo l'esercito che venia loro adosso, si ritrassono fra la Scozia in foreste e fortezze. Gl'Inghilesi male proveduti di vittuaglia, grandissimo difetto ebbe nell'oste, per la qual cosa moltitudine morirono di fame, e si corruppe l'oste per modo che non poterono durare; e così sanza nullo acquisto fare si tornò il re d'Inghilterra con sua oste adietro del mese di settembre con grande vergogna e dammaggio di XXm uomini morti di fame e d'infermità. E in quello medesimo tempo i Fiamminghi, per discordia ch'aveano cogl'Inghilesi, sì guerreggiarono in mare rubando e corseggiando sopra gl'Inghilesi, i quali in quello anno d'una parte e d'altra e tra·lloro molto furono afflitti.
CLXII
Come la città d'Osimo si rubellòe a la Chiesa.
Nel detto anno, del mese d'agosto, messer Lippaccio, ch'era stato signore de la città d'Osimo de la Marca e ribello de la Chiesa, coll'aiuto di quegli de la città di Fermo e d'altri Ghibellini de la Marca in Osimo ritornò e caccionne la gente del marchese, e co l'aiuto de' Fermani si cominciò grande guerra al marchese, e feciono rubellare Fabbriano.
CLXIII
Come i Fiorentini feciono una grande raunata di gente credendosi avere alcuna terra di Castruccio.
Nel detto anno, del mese d'agosto, i Fiorentini subitamente feciono raunata di XXVc di cavalieri tra di loro gente e d'amici, e di XVm uomini d'arme a piè. La cagione nullo sapea, se non certi sagretari: dissesi che doveano avere una terra, overo città, di loro nimici. Per la qual cosa i Pisani e 'l signore di Lucca, e ancora gli Aretini, stettono in grande guardia e gelosia, e più confinati mandarono fuori. A la fine non potendosi compiere il trattato, a dì VIIII d'agosto diedono commiato a tutti i forestieri, e 'l migliore fu; e perché di ciò avemo fatta menzione, ché mai non si scoperse la cagione del sagreto, che di rado suole avenire a' Fiorentini.
CLXIV
Come ambasciadori del dogio d'Osteric feciono fare triegua in Lombardia a danno della Chiesa.
Nel detto anno MCCCXXII, del mese d'agosto, il dogio d'Ostericchi, uno degli eletti re de' Romani, mandò in Lombardia suoi ambasciadori al legato del papa per discusarsi de la laida partita da Brescia del dogio Arrigo suo fratello, e per fare trattare accordo da la Chiesa a' figliuoli del capitano di Milano; e giunti loro in Milano, messer Galeasso fece loro grande onore, e con sindachi del detto Comune e di nove altre città di Lombardia, ond'erano signori, brivileggiaro, e si diedono al detto dogio d'Ostericchi, acciò che gli acordasse, o difendesse da la forza della Chiesa. I quali ambasciadori andati a Valenza al legato cardinale, feciono fare triegua da l'oste della Chiesa a quella del signore di Milano infino a calen di ottobre vegnente; e ciò assenti il cardinale per la gente della Chiesa ch'era assediata ne' borghi di Basignano a grande distretta, i quali n'uscirono sani e salvi, lasciando la terra a guardia de' detti ambasciadori: e simigliante lasciarono que' di Milano la rocca di Basignano. E fallite poi le dette triegue, non possendo poi essere accordo, i detti ambasciadori rendero a messer Marco capitano dell'oste di Milano la rocca di Basignano e eziandio i borghi, opponendo che se messer Ramondo rivolesse i borghi, rimettesse ne la terra la sua gente assediata, e nello stato ch'era quando si feciono le triegue; onde il legato e messer Ramondo si tennono traditi e ingannati da' detti ambasciadori.
CLXV
Come i Pisani in certa parte ruppono la pace a' Fiorentini.
Nel detto anno, del mese d'agosto, i Pisani feciono certe nuove gabelle sopra loro legni e galee che aducessono roba di franchi o portassono, faccendo pagare a la roba, rompendo la libertà de' Fiorentini, e' patti de la pace in più guise sotto il detto colore. I Fiorentini vi mandarono ambasciadori, e niente valse, onde si tennono forte gravati da' Pisani.
CLXVI
Come i Fiorentini racquistaro il castello di Caposelvoli.
Nel detto anno, dì VII di settembre MCCCXXII, i Fiorentini riebbono il castello di Caposelvoli di Valdambra, il quale aveano tenuto gli Aretini da la venuta dello 'mperadore: rendési a patti per certi del castello. Quegli della rocca si tennono alquanti dì attendendo soccorso dagli Aretini. I Fiorentini vi cavalcaro popolo e cavalieri; per la qual cosa gli Aretini non ardirono di venire al soccorso, e feciono rendere la rocca.
CLXVII
Come il signore di Mantova e quello di Verona vennono a oste a Reggio.
Nel detto anno MCCCXXII, del detto mese di settembre, messer Cane della Scala signore di Verona e messer Passerino signore di Mantova vennono a oste sopra la città di Reggio con MD cavalieri, e quello guastando, si puosono a oste a uno loro castello de' Reggiani dicendo di venire a Bologna. I Bolognesi temendo mandarono per aiuto a' Fiorentini, i quali vi mandarono CCC cavalieri. Istando i detti a quello assedio, subitamente si levarono da oste, lasciando di loro arnesi, e con danno d'alquanti di loro gente. La cagione della sùbita partita si disse che fu per tema che 'l detto messer Cane ebbe che 'l dogio di Chiarentana e 'l conte da Gurizia che per comandamento del dogio d'Ostericchi re de' Romani non venissono sopra Verona e Vincenza, come facceano l'apparecchiamento.
CLXVIII
Come ne la città di Parma ebbe battaglia tra' cittadini.
Nel detto anno MCCCXXII, dì XVIII del mese di settembre, la città di Parma si levòe a romore, e si combatterono insieme i cittadini: dell'una parte era capo Orlando Rosso, dell'altra Gianni Quirico e l'abate di San Zeno, i quali dal detto Orlando e dal popolo di Parma furono sconfitti e presi col loro séguito; ciò si disse che fu perché il detto Gianni Quirico trattava co' Fiorentini e' Bolognesi di recare Parma a parte guelfa; ma i più dissono ch'egli trattava di dare la terra a messer Cane e a messer Passerino suoi parenti, e però aveano fatta la detta cavalcata sopra Reggio. Il detto Orlando Rosso rimase signore e rimise in Parma i figliuoli di messer Ghiberto da Coreggia.
CLXIX
Come i signori di Ravenna s'uccisono insieme.
Nel detto anno e dì i figliuoli di messer Bernardino da Polenta di Ravenna, con trattato de' Malatesti signori da Rimine, sì uccisono l'arciprete di Ravenna loro cugino e consorto, ch'era signore de la terra, e di quella rimasono signori.
CLXX
Come gli usciti di Genova ebbono Albingano.
Nel detto anno MCCCXXII, del mese di settembre, il re Federigo di Cicilia fece de' suoi danari armare in Saona XVII galee per guerreggiare la città di Genova e 'l re Ruberto, e quelle galee cogli usciti di Genova e coll'aiuto di Castruccio assediarono Portovenero per mare e per terra; e poi appresso coll'aiuto del marchese dal Finale assediarono la città d'Albingano che teneano quegli di Genova. Per la qual cosa il re Ruberto co' Genovesi d'entro armarono in Genova XXI galea, e in Proenza XII uscieri con CC cavalieri per levare il detto assedio. E vegnendo i detti uscieri di Proenza, per contrario tempo non poterono porre i cavalieri in terra al Bingano, ma se ne vennero in Genova. L'armata de le XVII galee sì disarmarono e lasciarono l'assedio di Portovenero, ma perciò non lasciarono quello d'Albingane. I Genovesi per altra volta caricarono gli uscieri di loro cavalieri per porre al Bingano, e per contrario tempo non poterono prendere terra. Per la qual cosa la detta terra di Albingano, molto stretta di vittuaglia, e non soccorsa, s'arendé poi agli usciti di Genova e al marchese dal Finale a patti, a dì XIII di dicembre vegnente.
CLXXI
Come papa Giovanni fece battere moneta fatta come il fiorino d'oro.
Nel detto tempo e anno papa Giovanni fece fare in Vignone una nuova moneta d'oro fatta del peso e lega e conio del fiorino d'oro di Firenze sanza altra intransegna, se non che da·lato del giglio diceano le lettere il nome del papa Giovanni; per la qual cosa gli fue messa grande riprensione, a fare dissimulare sì fatta moneta come il fiorino di Firenze.
CLXXII
Come il re di Francia lasciò la prima moglie, e prese la figliuola che fue d'Arrigo imperadore.
Nel detto anno MCCCXXII e mese di settembre Carlo il giovane re di Francia, lasciata la prima sua moglie figliuola che fu del conte di Borgogna, perché si trovòe in avolterio, prese per moglie la figliuola che fue dello 'mperadore Arrigo e serocchia del re Giovanni di Boemmia. Compensò il papa il detto matrimonio opponendosi per la petizione che la madre della prima moglie, figliuola che fu del conte Artese, aveva tenuto a battesimo il detto re. Questa pruova si disse che fu falsa, e che a la contessa d'Artese il convenne assentire per iscampare la figliuola di morte; e così del detto mese di settembre a Tresi in Campagna sposò la detta seconda moglie vivendo la prima.
CLXXIII
Come il re Ruberto volle esser morto a Vignone.
Nel detto anno e mese il re Ruberto essendo co la corte di papa a Vignone, volle essere morto per suoi famigliari, a petizione di messere Ugo di Palizzo di Borgogna, per cagione che il re gli contradisse a moglie la prenzessa della Morea; e dissesi che' tiranni di Lombardia e di Toscana di parte ghibellina aveano procacciato ciò. Non se ne seppe il vero. I detti famigliari furono presi e distrutti; intra gli altri fue uno Fiorentino.
CLXXIV
Come i Fiorentini rifeciono Casaglia, e ripresono le ville e popoli d'Ampinana in Mugello.
Nel detto anno e mese di settembre i Fiorentini feciono rifare il castello di Casaglia sopra l'alpe, il quale avea fatto guastare il conte a Battifolle a Sinibaldo Donati, quand'era in bando al tempo de' Bianchi, e levarono uno passaggio, che 'l detto conte vi facea ricogliere. E in quello medesimo tempo il detto Comune di Firenze riprese la signoria d'undici popoli di più di M uomini, i quali furono sotto il castello d'Ampinana in Mugello, i quali fedeli erano stati del conte Guido da Raggiuolo, e per suo lascio succedeano a' figliuoli del conte a Battifolle. Il Comune di Firenze vi cusava ragione, che infino nel MCCLXXXXII essendo a l'assedio de la detta Ampinana, dal conte Manfredi che v'era entro la comperarono IIIM fiorini d'oro, e posseduto alcuno tempo. Per la qual cosa in Firenze venne il conte Simone da Battifolle e 'l conte Ruggieri da Doadola, domandando al Comune che si commettesse a ragione la quistione in giudice comune; non furono uditi, e così si partirono male appagati da' Fiorentini.
CLXXV
Come l'eletto d'Ostericchi fu sconfitto da quello di Baviera.
Nel detto anno MCCCXXII, martedì a dì XXVIIII di settembre, nella duchea di Baviera in Alamagna fue grande assembiamento e battaglia tra il re Federigo d'Ostericchi e il re Lodovico di Baviera, amendue eletti re de' Romani. La quale battaglia durò dal sole levante insino al tramontare, però che non v'avea pedoni, e combatteano a riprese a modo di torniamenta; e fu sì aspra e sì dura, che più di IIIIm combattitori a cavallo vi furono morti tra dall'una parte e dall'altra, e più di VIm cavalli morti. A la fine la vittoria e la signoria del campo rimase al re Lodovico di Baviera; e 'l sopradetto Federigo re e Arrigo dogio d'Ostericchi suo fratello con molti baroni furono presi in forza del detto re Lodovico; e quasi tutta la gente del re Federigo rimasono tra morti e presi, infra' quali rimasono più di MM cavalieri ungari che Carlo Umberto re d'Ungaria avea mandati in aiuto al detto re Federigo suo parente. Il duca Lupoldro d'Ostericchi, il quale venia con MD cavalieri a elmo in aiuto al fratello ed era presso già a XV miglia a l'oste, non giunse a tempo a la battaglia, però che quello di Baviera sentendo sua venuta affrettò saviamente la battaglia, e passò la riviera. Il re Federigo, per isdegno di sua potenza e grandezza non curando il nimico né essendo ordinato, per lo modo detto fue sconfitto.
CLXXVI
Come il re d'Ungaria venne sopra il re di Rassia.
Nel detto anno MCCCXXII, del mese di settembre, Carlo Umberto re d'Ungaria con più di XXm Ungari a cavallo corse sopra le terre del re di Rassia in Ischiavonia, e venne presso a Giadra a due giornate guastando il paese, per cagione che gli Schiavi no·llo ubbidieno; per la qual cosa si temette per que' di Schiavonia, e ancora per gli Viniziani, ch'eglino non prendessono infino a le marine. A la fine il detto re di Rassia fece le sue comandamenta, e ancora per la sconfitta di sua gente in Baviera si ritornò adietro in Ungaria. Questo Carlo Umberto fue figliuolo di Carlo Martello, che fu figliuolo di Carlo secondo re di Cicilia e di Puglia; e se 'l padre non fosse in prima morto che 'l detto Carlo secondo, gli succedea il reame, il quale succedette poi al re Ruberto suo secondo fratello; ma però il detto Carlo non ne fu mai contento.
CLXXVII
Come gli Ubaldini si diedono a la signoria de' Fiorentini.
Nel detto anno MCCCXXII, del mese d'ottobre, i signori Ubaldini per iscandalo che surse tra·lloro, l'una parte e l'altra a gara insieme, eglino e' loro fedeli si diedono a la signoria del Comune di Firenze, il quale Comune loro promise di trarre d'ogni bando, e fecegli esenti di gravezze per due anni; il quale acquisto fu di più di IIIm distrettuali; ma come per addietro sono usati, poco stettono fedeli de' Fiorentini per la guerra di Castruccio.
CLXXVIII
Come messer Vergiù di Landa rubellò Piagenza a messer Galeasso Visconti di Milano.
Nel detto anno MCCCXXII Obizzo chiamato Vergiù de la casa di Landa di Piagenza, tutto fosse Ghibellino, discacciato di quella città da messer Galeasso Visconti di Milano signore di Piagenza, per cagione di vergogna fatta per lo detto messer Galeasso a la donna del detto Vergiù, e ancora lui battuto, e toltogli Ripalta suo castello, si·ssi rubellò, e andonne al cardinale legato per la Chiesa. Ed essendo messer Galeasso a Milano, il detto Vergiù subitamente con IIIIc cavalieri di quegli della Chiesa venne a Piagenza, e per suoi amici dentro una porta gli fu aperta, e così con questa gente entrò nella città a dì VIIII d'ottobre, e corse la terra, e di quella prese la signoria sanza contasto: fu fatto vicaro per la Chiesa, e fecesi fare cavaliere, e caccionne Azzo figliuolo del detto messer Galeasso che n'era signore, e rimise in Piagenza tutti gli usciti guelfi. Per la qual cagione ebbe appresso in Lombardia grandi commutazioni. E del mese di novembre venne il legato cardinale in Piagenza, e fue ricevuto a grande onore, e poco appresso i Piagentini racquistarono tutte le loro castella, che tenea la gente di messer Galeasso.
CLXXIX
Di grande fortuna che fue in mare e in terra.
Nel detto anno MCCCXXII, dì XXVI d'ottobre, fu delle maggiori fortune di vento a greco e tramontana con neve che si ricordasse per niuno che allora vivesse; e fece maggiori pericoli in mare di rompere navi e galee e altri legni in più parti del mondo, spezialmente nel golfo di Vinegia; e simigliante fue in terra, che in più parti divelse grandissimi alberi, e ruppene innumerabile quantità, e molte case fece cadere in Toscana, onde più genti ne moriro.
CLXXX
Come gli Scotti sconfissono gl'Inghilesi.
Nel detto anno MCCCXXII, a l'uscita del detto mese d'ottobre, essendo il re d'Inghilterra tornato di Scozia con sua oste con grande vergogna e dammaggio, come adietro fa menzione, e essendo di là da Vervicche a la badia di Rivalse, e i suoi baroni erano dimorati più innanzi a le frontiere della Scozia per contrastare gli Scotti che non passassono, ed erano in numero di Vc cavalieri e IIIm uomini d'arme a piede; gli Scotti gli asaliro, e gl'Inghilesi per tema si ritrassono in su uno monte per essere forti; gli Scotti assediarono il detto monte, e ismontati da cavallo assalirono gl'Inghilesi, e quegli misono in isconfitta, e quasi la maggiore parte furono tra morti e presi; intra' quali furono presi Gianni di Brettagna, il conte di Riccemonte, il signore di Sugli, e più altri baroni. Il re d'Inghilterra, sentita la detta sconfitta, quasi solo con poca compagnia si fuggì de la detta badia vituperosamente.
CLXXXI
Come messer Galeasso Visconti fu cacciato di Milano.
Nel detto anno MCCCXXII, del mese di novembre, dopo la rubellazione che quegli di Piagenza aveano fatta di messer Galeasso Visconti, i nobili e 'l popolo di Milano veggendosi scomunicati e in sentenza della Chiesa per la signoria di messer Maffeo Visconti e de' figliuoli, sì elessono XII de' migliori de la città, grandi e popolani, che trattassono accordo dal Comune di Milano al legato cardinale, i quali più volte furono al legato con volontà del capitano di Milano, promettendo di lasciare la signoria, acciò che·lla città di Milano avesse sua pace colla Chiesa. La quale promessa fatta infintamente per messer Galeasso, non volendo assentire all'accordo, si levò a romore la città di Milano a petizione de' detti XII caporali, volendo che messer Galeasso lasciasse la signoria, come aveano promesso al cardinale; e recaro da·lloro parte grande parte de le masnade de' Tedeschi per impromesse e danari diedono loro, e per cagione che più tempo messere Galeasso non gli avea pagati, e a·ffurore il popolo e' cavalieri corsono al palazzo gridando "Pace, pace, e viva la Chiesa!". Messer Galeasso, credendosi riparare co' soldati italiani e altri che gli erano rimasi, si mise al contasto, e in tre parti nella città ebbe battaglia, e in ciascuna parte ebbe il peggiore con danno di sua gente: veggendo che non potea durare, con poca di sua gente si partì di Milano, e andossene a Lodi a dì VIII di novembre, e de la città di Milano rimasono signori i detti XII, i quali erano messer Luis Visconti consorto di messer Galeasso, messer Giacomino da Postierla, messere Simone Cravelli, messer Francesco da Barbagnano e altri grandi cattani e varvassori, che non sapemmo di tutti il nome. Di questa mutazione di Milano ebbe in Firenze grande allegrezza, e fecesene grande festa e belle giostre, istimando che la guerra di Lombardia avesse fine. Ma se avessono saputo la mutazione futura e contraria che fue assai di presso, e quello danno che ne seguì a' Fiorentini, come innanzi si potrà vedere, avrebbono non fatta festa, ma il contrario; e però di felicità mondana non si dee l'uomo troppo allegrare, né d'aversità troppo turbare, però ch'ell'è fallace, e con diverse e varie mutazioni.
CLXXXII
Come Moncia fu presa e corsa per quegli di Milano.
Nel detto anno MCCCXXII, del mese di novembre, essendo Galeasso Visconti e' suoi seguaci cacciati di Milano, quegli della terra di Moncia con séguito d'amici di quegli de la Torre feciono raunanza per venire a Milano. Per gli XII rettori di Milano fu mandato a quegli di Moncia che cessassono la detta raunata, però che voleano riformare prima la città per gli patti ordinati co la Chiesa; e di vero, tutto fosse Galeasso cacciato di Milano, per gli detti XII si reggea la città a parte d'imperio e non di Chiesa. Quelli di Moncia per troppa volontà disubedienti, furono assaliti da le masnade di Milano e dal popolo, e per forza presa la terra e rubata tutta, e cacciarne la detta raunanza con danno di più di CC uomini morti.
CLXXXIII
Come certi de la casa de' Tolomei feciono grande guerra nel contado di Siena.
Nel detto anno MCCCXXII, del mese di dicembre, messer Deo de' Tolomei co' suoi seguaci ribelli di Siena, coll'aiuto e trattato del vescovo d'Arezzo e di certi loro amici di Firenze, con danari e impromesse corruppono V conastaboli oltramontani co·lloro masnade in quantità di CC a cavallo, i quali erano al soldo del Comune di Firenze, i quali sanza saputa del detto Comune si partirono da Fucecchio, e andarne in Valdichiane, e congiunti col detto messer Deo e co la gente del vescovo d'Arezzo e con C cavalieri d'Orbivieto, presono il castello d'Asinalunga e quello di Torrita, e corsono per lo contado di Siena guastando e rubando sanza nullo riparo; e facevansi chiamare la Compagna, ed erano bene Vc cavalieri e gente a piè assai sanza ordinato soldo, vivendo di ratto e di ruberia; per la qual cosa in Siena n'ebbe grande paura e gelosia: mandarono per soccorso a' Fiorentini, i quali vi mandarono CCC cavalieri e M pedoni, e 'l capitano del popolo con grande ambasceria per trattare accordo, il quale da' Sanesi non fue inteso, temendo che' Fiorentini in servigio di quegli della casa de' Tolomei non avessono fatta ismuovere la detta gente; ma feciono più confinati della casa de' Tolomei e di loro amici, e fortificarsi di soldati assai, e feciono loro capitano di guerra il conte Ruggieri da Doadola de' conti Guidi. E stando la detta Compagna nel contado di Siena, per gli Sanesi furono contastati di guerra guerriata, non assicurandosi d'aboccarsi a battaglia, sì come a gente disperata; e così stettono tutto il verno. A la fine la detta Compagna per più difetti non possendo durare, si partirono a dì XVI di febbraio MCCCXXII, e sbarattarsi nella Marca e in più parti, e così per buona sostenenza i Sanesi rimasono liberi di quella afflizzione, e sì riconobbono che quella ismossa di gente non fu con volontà del Comune di Firenze, anzi gli sbandirono come traditori i detti soldati.
CLXXXIV
Come messer Galeasso Visconti ritornò in Milano.
Nel detto anno MCCCXXII, del mese di dicembre, essendo i XII rettori della città di Milano in istretto trattato col legato cardinale di dargli la signoria della città di Milano, e d'esser ricomunicati da la Chiesa, e la maggior parte de' detti nobili si voleano dare liberamente; e mandati loro ambasciadori e sindachi a Piagenza al cardinale che venisse in Milano, la parte de' Visconti ch'era rimasa in Milano, ond'era capo messer Lodovico Visconti, non piacendogli il detto accordo, mandò segretamente a Lodi per Galeasso Visconti e per gli frategli, che venissono col loro isforzo a la terra; e in Milano corruppe le masnade tedesche, i quali erano stati a cacciare Galeasso, che fossono in suo aiuto, e loro promise Xm fiorini d'oro; e 'l detto Galeasso venuto di notte, gli fue data e aperta la porta de' Sonagli, e per quella entròe in Milano sabato a l'alba del giorno, dì XI di dicembre, e corse la terra. Per la qual cosa quasi tutti i nobili di Milano ch'erano stati contra Galeasso e al trattato della Chiesa, col loro séguito uscirono di Milano, e poi il detto Galeasso si fece fare signore de la terra a grido di popolo, dì XXVIIII di dicembre nel detto anno. E così in corto termine si cambiò la sua fortuna per accrescimento di maggiori mali in Milano e in Lombardia per punizione de' peccati, come innanzi faremo menzione.
CLXXXV
Come Luis d'Universa fu fatto conte di Fiandra.
Nel detto anno MCCCXXII, del mese di gennaio, Luis d'Universa, figliuolo del figliuolo del conte di Fiandra, fu fatto conte di Fiandra con volontà delle buone ville di Fiandra per asseguire i patti della pace; messer Ruberto di Fiandra suo zio, volendo esser conte egli, perché il padre di Luis era prima morto che 'l conte suo avolo, onde piato fu a Parigi dinanzi al re di Francia, e per sentenzia fu renduto per oservazione de' patti della pace che 'l detto Luis fosse conte, e non messer Ruberto.
CLXXXVI
D'uno grande freddo che fue in Italia e carestia.
Nel detto anno MCCCXXII, del mese di novembre e dicembre e gennaio, fue in Italia la maggiore vernata, e di più nevi che fosse grande tempo passato; e in Puglia fu sì grande secco, che più di mesi VIII stette che non vi piovve, per la qual cosa grandissimo struggimento e carestia di tutti i beni fue nel paese; e così seguì quasi in tutta Italia, spezialmente in Pisa e in Lucca e Pistoia, grandissima fame e carestia, onde tutti i poveri di loro contado fuggirono per la fame a Firenze, e in Firenze medesimo fu caro; le II e mezzo staia di grano uno fiorino d'oro.
CLXXXVII
Come i Fiorentini mandarono loro gente in Lombardia sopra Milano.
Nel detto anno, in calen di febbraio, a richesta del detto papa Giovanni i Fiorentini mandarono in Lombardia in aiuto del legato e a l'oste della Chiesa CC cavalieri con loro capitani e ambasciadori, e altrettanti ne mandaro i Bolognesi, e' Parmigiani C, e i Reggiani C, e' Romagnuoli simigliante, per andare sopra la città di Milano, e per abattere i tiranni e ribegli di santa Chiesa della casa de' Visconti.
CLXXXVIII
Come gli usciti di Genova furono sconfitti e levati dall'assedio di Genova.
Nel detto anno MCCCXXII, dì XVII di febbraio, essendo ancora gli usciti di Genova ad assedio della città ne' borghi di Prea (come addietro fa menzione, stati all'assedio di Genova presso di V anni tra due volte con piccolo intervallo), quegli della città feciono uscire di notte delle masnade del re Ruberto CL uomini a cavallo e mille a piè per combattere la fortezza del monte di San Bernardo, e saliti al poggio combattero co' nimici, e sconfissongli, e cacciandogli infino a' borghi. Quegli della città sentendo la detta rotta uscirono della terra per la porta de le Vacche, e per forza entrarono ne' borghi; e seguendo la detta caccia e sconfitta racquistarono i detti borghi con tutte le fortezze. E degli usciti furono morti alquanti, ma più presi, e guadagnarono di robe e avere ch'era ne' detti borghi più di libbre CCm di genovini, però che gli usciti stavano ne' detti borghi con loro famiglie, e faceano l'arti e mercatantie come ne la città. Quegli che scamparo fuggirono a Saona e a Volteri; per la qual cosa la forza degli usciti molto affiebolìo, e fu tenuto miracolo di Dio, che per piccola rotta perderono quello che per tutta la forza del re Ruberto e del Comune di Genova prima per tanto tempo non si poté acquistare.
CLXXXIX
Come il re di Tunisi cacciato ricoverò la signoria.
Nel detto anno e mese il re di Tunisi, che 'l giugno passato era stato cacciato della signoria, come adietro fa menzione, racquistò la signoria e caccionne l'altro. E così mostra che i detti Saracini abbiano piccola stabilità in loro signorie, che tre volte in due anni mutata la detta signoria per due re.
CXC
Come la città di Tortona s'arendé a la Chiesa e al re Ruberto.
Nel detto anno MCCCXXII, dì XVIIII di febbraio, messer Ramondo di Cardona con Vc cavalieri e cogli usciti guelfi della città di Tortona in Lombardia, per trattato fatto per lo legato cardinale entrò nella detta città, la quale gli fu data da' cittadini, e fattone signore; e la signoria e masnade che v'erano per lo capitano di Milano, a pochi dì appresso renduta la città del poggio co la rocca, a patti se n'uscirono salve le persone, e più castella del contado di Pavia si renderono a messer Ramondo.
CXCI
Come l'oste di Milano furono sconfitti da quegli della Chiesa in sul fiume d'Adda.
Nel detto anno, del mese di febraio, essendo cavalcata la cavalleria e l'oste della Chiesa da Piagenza in sul contado di Milano ne la contrada de la Graradadda al castello di Cravazzo, il quale si teneva per gli nuovi usciti di Milano, là si trovarono tra soldati della Chiesa e l'amistà di Lombardia e di Toscana più di IIm cavalieri d'arme e popolo assai, ond'era capitano messer Castrone nipote del legato e messer Vergiù di Landa. Messer Marco Visconti con VIIIc cavalieri de le masnade di Milano e popolo assai era venuto in su la riva del fiume d'Adda a la villa di Trinazzo e a Basano per contrastare il passo a la detta oste de la Chiesa. Avenne che venendo, XXV di febbraio MCCCXXII, messer Vergiù di Landa cogli usciti di Milano con Vc cavalieri, dilungandosi alquanto dall'oste su per la riva d'Adda passarono il fiume; messer Marco con sua gente andò contra loro, e assaligli vigorosamente per modo che gli avea quasi sconfitti; e già morto il fratello di messer Vergiù, e messer Simonino Cravelli, e messer Francesco da Garbagnana usciti di Milano e più altri; l'altra oste de la Chiesa ch'era in su la riva, veggendo la detta battaglia per lo capitano e conastaboli e insegna del Comune di Firenze, ch'era messer Filippo Gabbrielli d'Agobbio, e messer Urlimbacca tedesco, prima messi a passare l'Adda e l'altra gente appresso, con grande contasto de' nimici nel fiume, e alla riva combattendo vittoriosamente passaro, e trovando la gente di messer Marco sparta e travagliata gli misono in isconfitta; ove grande quantità ne rimasono morti e presi, e fuggito il detto messere Marco col rimaso di sua gente a Milano, l'oste della Chiesa presono Trinazzo e più ville e castella; e a dì XXVII di febbraio presono la terra di Moncia presso a Milano VIII miglia, e incontanente più gente cittadini uscirono di Milano a cavallo e a piè, e vennono a la detta oste.
CXCII
Come i Padovani si pacificaro insieme co' loro usciti.
Nel detto anno MCCCXXII e mese di febbraio i Padovani, i quali erano sotto la signoria del dogio di Chiarentana, si pacificaro insieme, e rimisono in Padova tutti i loro usciti; la quale cosa non seppono fare innanzi, quand'erano in migliore e maggiore stato e in loro libera signoria.
CXCIII
Come Castruccio racquistò certe castella di Carfagnana che gli erano fatte rubellare per gli Fiorentini.
Nel detto anno, del mese di marzo, Castruccio signore di Lucca fece oste sopra il castello di Lucchio in Carfagnana che gli s'era rubellato, e sopra le terre de la montagna di Pistoia; e quegli abandonati da' Pistolesi, per tema che Castruccio non rompesse loro le triegue, mandarono a Firenze per aiuto. I Fiorentini per farlo spendere e consumare vi mandarono LXXV cavalieri e CCCC pedoni per la guardia di quelle terre. Castruccio vigorosamente, non guardando a le nevi ch'erano grandi a la detta montagna, assalì in persona le dette terre ch'erano sopra Lucchio con suo séguito di cavalieri a piè. Quegli che v'erano a la guardia abandonaro i passi, e si ridussono a le fortezze, i quali poco apresso s'arrenderono, e salve le persone se n'andarono; e partita la detta gente, il detto castello di Lucchio fortissimo si rendé a patti, dì XVII di marzo. I Fiorentini per lo soccorso del detto castello di Lucchio trattato feciono d'avere il ponte e 'l castello di Cappiano in su la Guisciana: essendo Castruccio a oste in Carfagnana, vi cavalcaro le cavallate e' soldati di Firenze infino a Empoli, e non vegnendo fornito il tradimento, si ritornarono in Firenze con grande riprensione dell'una impresa e dell'altra.
CXCIV
Come pace fu tra l'eletto imperadore di Baviera e quello d'Ostericchi.
Nel detto anno e mese il re Lodovico di Baviera eletto re de' Romani fece grande parlamento in Alamagna di tutti i suoi baroni, e in quello si fece l'accordo da·llui al duca d'Ostericchi, e trasselo di pregione sotto certi patti e saramento di non chiamarsi re, e di non essergli incontro; ma poco l'attenne.
CXCV
Come Allessandra in Lombardia si rendé al legato del papa e al re Ruberto.
Nell'anno MCCCXXIII, a dì II d'aprile, essendo stato trattato da quelli della città d'Allessandra in Lombardia al legato cardinale, si rendero a la signoria de la Chiesa e del re Ruberto; e messer Ramondo di Cardona v'entrò, e prese la signoria con IIIIc cavalieri, e caccionne quegli che v'erano per lo capitano di Milano. E in quegli giorni messer Arrigo di Fiandra, maliscalco che fu dello 'mperadore Arrigo, non possendo riavere la contea di Lodi, che gli avea privileggiato lo 'mperadore, e teneala il capitano di Milano, venne al servigio della Chiesa e del legato, il quale gli confermò per la Chiesa la detta signoria, e privilegiò e fecelo capitano nell'oste di tutti gli oltramontani.
CXCVI
Come il dogio di Baviera eletto imperadore mandò al legato in Lombardia che non guerreggiasse le terre dello 'mperio.
Nel detto anno e mese d'aprile Lodovico eletto re de' Romani a richesta e sommossa de' Ghibellini di Toscana e di Lombardia, per soccorrere il signore di Milano, mandò tre ambasciadori in Lombardia, Bertoldo conte di Niferi e Bertoldo conte... e uno suo mastro scrivano di sua corte, i quali furono a Piagenza al legato cardinale, a richiederlo e pregarlo che non gravasse il signore né la città di Milano, però ch'erano a lo 'mperio. Il legato rispuose che, quando fosse imperio legittimo, non s'intendea per la Chiesa d'occupargli nulla sua ragione, ma di conservarla e mantenerla; ma che si maravigliava che il loro signore volesse difendere e favorare gli eretici; e domandò loro per iscritto e con suggegli il mandato ch'aveano dal loro signore. Quellino accorgendosi che se per iscritto mostrassono che il loro re favorasse i ribelli della Chiesa, cadea in indegnazione di quella, incontanente negaro che di ciò ch'aveano detto non aveano mandato dal loro signore, e chiesono perdono al legato, e partirsi: e l'uno di loro venne a Lucca e a Pisa, e gli altri andarono a Mantova e Verona con loro ambasciata.
CXCVII
Come la città d'Orbino si rubella a la Chiesa.
Nel detto anno e mese d'aprile il popolo d'Orbino si levò a romore, e cacciarono della città la signoria che v'era per lo marchese e per la Chiesa, per soperchi e incarichi che faceano loro.
CXCVIII
Come giudice d'Alborea di Sardigna si rubellò da' Pisani a petizione del re d'Araona.
Nel detto anno e mese d'aprile, faccendo il re d'Araona grande apparecchiamento di navile e di cavalieri per venire a prendere l'isola di Sardigna, la quale gli fu privileggiata per papa Bonifazio VIII, il Comune di Pisa, che de la detta isola teneano grande parte, avendo fatta murare Villa di Chiesa e più altre fortezze, e mandatovi gente a cavallo e a piè al loro soldo, e a soldo di giudice d'Alborea per contastare al detto re d'Araona, avenne che 'l detto giudice, il quale tenea ed era signore d'Arestano e bene del terzo di Sardigna, a di XI d'aprile tradì i Pisani, e si rubellò da·lloro per trattati fatti da·llui al re d'Araona, e fece mettere a morte quanti Pisani e loro soldati che si trovarono in sue terre, e eziandio i Pisani suoi famigliari e soldati. E fatto questo malificio, incontanente mandò suoi ambasciadori al re d'Araona, che venisse per la terra. La cagione del detto rubellamento si disse che fece perché i Pisani il trattavano male, e che quando il detto giudice prese la signoria, i Pisani oppuosono ch'egli era bastardo, e convennesi ricomperare dal Comune di Pisa per avere la signoria Xm fiorini d'oro sanza il privato costo de' cittadini di Pisa; per la qual cosa poi non fu loro amico di cuore.
CXCIX
Come messer Marco Visconti di Milano fu sconfitto da la gente de la Chiesa.
Nel detto anno, martidì a dì XVIIII d'aprile, messer Marco de' Visconti si partì di Milano con M cavalieri e IIm pedoni, molto buona gente d'arme, per prendere e guastare il ponte da Vaveri e quello da Casciano sopra il fiume d'Adda, acciò che vittuaglia non potesse venire a l'oste de la Chiesa ch'era a Moncia. Sentendo ciò i capitani de la detta oste, messer Arrigo di Fiandra, e messer Gianni de la Torre, e messer Castrone nipote del legato, e messer Vergiù di Landra, e messer Filippo Gabbrielli capitano de' soldati del Comune di Firenze, co·loro masnade in numero di MCC cavalieri e da IIIm pedoni si partirono da Moncia per contrastare il detto Marco Visconti e sua gente. E scontratisi insieme al luogo detto la Gargazzuola, quasi in sul tramontare del sole, la battaglia fu aspra e dura d'una parte e d'altra, però che in ciascuna parte era la migliore cavalleria de le dette osti; e grande pezzo durò la battaglia, che non si sapea chi avesse il migliore. A la fine Marco Visconti e sua gente furono rotti e sconfitti, e di sua gente a cavallo vi rimasono tra morti e presi intorno IIIIc, e rimasonvi XVII bandiere, sanza quegli da piè in gran quantità; e cavagli vi rimasono morti tra dell'una parte e de l'altra VIIIc e più; di quegli de la Chiesa vi rimasono da XXV a cavallo tra morti e presi, e uno Tedesco conostabole de' Fiorentini con III altri conostaboli della Chiesa vi rimasono presi ne la lunga caccia; la notte si trovaro partiti da' suoi infra' nimici, e furono ritenuti. E così Marco Visconti col rimanente di sua gente si tornò a Milano; ma se non fosse la notte, la detta guerra era finita, ché de la gente di Marco Visconti pochi ne scampavano.
CC
Come il conte da Gurizia morì per veleno.
Nel detto anno MCCCXXIII, il dì di calen di maggio, il conte da Gurizia essendo in Trivigi stato a nozze e a festa, subitamente morì: dissesi che messere Cane di Verona il fece avelenare; fue uomo molto valoroso in arme.
CCI
Come il conte Novello venne in Firenze per capitano di guerra.
Nel detto anno, a dì XV di maggio, il conte di Montescheggioso e d'Andri, detto il conte Novello, venne da Napoli a Firenze con CC cavalieri al soldo del detto Comune, e per essere capitano di guerra de' Fiorentini.
CCII
Come grande scandalo fu nell'oste della Chiesa a Moncia.
Nel detto anno e mese di maggio grande scandalo e zuffa fue nell'oste della Chiesa ch'era a Moncia tra' Tedeschi e' Latini, ove n'ebbe morti più di L uomini di cavallo; e il figliuolo di messere Simonino Crevelli con certi si partì de la detta oste e si tornò in Milano; per le quali novità, e per non avere nell'oste uno sovrano capitano, grande sturbo fu a la detta oste.
CCIII
Ancora di grande scandalo che fu in Piagenza tra la gente della Chiesa.
Nel detto anno MCCCXXIII, del mese di maggio, simigliante fue nella città di Piagenza grande scandalo tra' Guelfi e' Ghibellini, e ebbevi più micidi fra' cittadini, essendo la città in arme e a romore; e ciò adivenne per sospetto che messer Vergiù di Landa era andato a parlamentare con messer Cane della Scala e con messer Passerino da Mantova sanza coscienza del cardinale legato; e tornato lui in Piagenza, o ch'avesse intenzione di rimutare stato ne la terra, o si pentesse per animo di parte d'avere data la terra a la Chiesa, o perché gli paresse che' Guelfi avessono presa troppa signoria, fue il cominciamento del detto scandalo. E temendo il cardinale, mandò ad Ortona per messer Ramondo di Cardona, il quale vi venne con Vc cavalieri, e riformossi la città a parte di Chiesa, e messer Vergiù lasciò la signoria, e 'l cardinale il mandò a corte al papa per ambasciadore, e messer Ramondo mandò nell'oste a Moncia per capitano generale.
CCIV
Come i Fiorentini per lettere di papa feciono imposta al chericato.
Nel detto anno e mese di maggio per commessione di lettere di papa Giovanni, tratte per ambasciadori del Comune di Firenze, i Fiorentini impuosono al chericato del vescovado dì Firenze XX fiorini d'oro per aiuto alle mura della città, de' quali con grande scandalo si ricolsono la metade, e per bisogno del Comune si convertirono in altre spese; e poi per lettere di papa di contramando, per istudio del vescovo e del chericato, non se ne ricolsero più danaio per lo Comune.
CCV
Come gli Aretini feciono oste sopra le terre d'Uguiccione da Faggiuola.
Nel detto anno e mese di maggio il Comune d'Arezzo e quello del Borgo a Sansipolcro con CC cavalieri e IIIm pedoni feciono oste sopra le terre d'Uguiccione da Faggiuola, perché s'aveano fatto privileggiare al re de' Romani il detto borgo e Castiglionaretino e più castella; in quella andata vi ricevettono danno e vergogna. E poi i detti figliuoli d'Uguiccione feciono lega co' Guelfi di Romagna e co' conti Guidi guelfi incontro agli Aretini. Nel detto anno, a dì XX di maggio, la notte vegnente scurò la luna, quasi le due parti nel segno del Sagittario.
CCVI
Come lunga triegua fu fatta dal re d'Inghilterra e quello di Scozia.
Nel detto anno, a l'uscita di maggio, triegua fu fatta tra·re d'Inghilterra e quello di Scozia per XIII anni, la quale si fece per lo male stato ch'avea il re d'Inghilterra, che per suo male reggimento quasi tutti i baroni del paese l'aveano abandonato; e come il padre Adoardo fu re di grande senno e prodezza e temuto, così questo Adoardo suo figliuolo fu il contradio. Per la qual cosa Ruberto di Bristo cavaliere di scudo fattosi re de li Scotti, però ch'era nato d'una delle figliuole d'Alepandro re di Scozia, co la sua gente a piè più ch'a cavallo lo sconfisse, e prese de l'Inghilterra, e in più modi gli fece danno e vergogna; e per non potere meglio, fece il re d'Inghilterra la detta ontosa triegua.
CCVII
Come i Perugini tornarono all'assedio di Spuleto.
Nel detto anno, a l'uscita di maggio, i Perugini per comune tornarono a l'assedio de la città di Spuleto, ove aveano loro battifolli; e tutto intorno assediarono la detta città, sì che nullo vi potea entrare né uscire sanza grande pericolo.
CCVIII
Come il capitano de' soldati friolani, ch'erano co' Fiorentini, se n'andò a Castruccio.
Nel detto anno MCCCXXIII, avendo i Fiorentini fatta ordine co·lloro amistà e co·lloro isforzo di fare oste sopra Castruccio signore di Lucca, e' Genovesi d'entro per terra e per mare doveano venire a richesta de' Fiorentini in Lunigiana sopra quello di Lucca, e con trattato d'avere il castello di Buggiano e altre castella di Valdinievole; il detto Castruccio non pigro scoperse i detti trattati, e XII di Buggiano impiccò, e cercò tradimento con Iacopo da Fontanabuona capitano de' soldati friolani, ch'erano al soldo de' Fiorentini, promettendogli molti danari; il quale traditore sanza nulla cagione da la parte de' Fiorentini, se non che gli era scemato soldo, e partita sua masnada a più bandiere, e colle sue masnade in numero di CC cavalieri, essendo in Fucecchio, e faccendo vista di cavalcare sopra i nimici, a dì VII di giugno se n'andò a Lucca, il quale da Castruccio fu bene ricevuto. Per lo quale tradimento e partita i Fiorentini rimasono molto sconfortati, però ch'era la migliore masnada ch'avessono, e sturbò loro tutta la detta impresa.
CCIX
Come Castruccio fece oste a le castella di Valdarno di ponente.
Incontanente il detto Castruccio con sua gente, e co' detti Friolani, e con aiuto di certe masnade di Pisa, con quantità di VIIIc cavalieri e VIIIm pedoni, a dì XIII del detto giugno passò la Guisciana al ponte a Cappiano, e puosesi a oste a piè di Fucecchio, e quello in parte guastò; e poi fece il simigliante al castello di Santa Croce e quello di Castello Franco; e poi passò l'Arno, e guastò a piè di Montetopoli, e poi tornò in su l'Elsa, e guastò a piè di Samminiato e tornossi a Lucca con grande onore, dì XXIII di giugno. I Fiorentini mandarono per loro amistà, ma però non cavalcarono contra il detto Castruccio, se non che intesono a fare guardare le frontiere; e così quello ch'aveano ordinato di fare a Castruccio, per suo senno e prodezza fece a' Fiorentini con loro vergogna.
CCX
Come Nanfus figliuolo del re d'Araona andò con sua armata in su l'isola di Sardigna.
Nel detto anno MCCCXXIII, a dì VIII di giugno, Nanfus figliuolo primogenito del re d'Araona con armata di LXX galee, e con più cocche e legni grossi e sottili, in numero di CC vele, e con MD cavalieri e gente a piè grandissima arrivò in Arestano in Sardigna, il quale dal giudice d'Alborea fu ricevuto onorevolemente, e da tutti i Sardi come loro signore; e tutte le terre che teneano i Pisani si rubellaro, e s'arrendero al figliuolo del re d'Araona, salvo Villa di Chiesa, e Castello di Castro, e Terranuova, e Acquafredda, e la Gioiosa Guardia. Il quale si mise l'assedio a Villa di Chiesa e a Castello di Castro; e dimorandovi tutta la detta state e 'l verno, di sua gente e di quella de' Pisani vi morì in grandissima quantità di più di XIIm uomini; e però non cessò l'assedio. I Pisani, del mese d'ottobre nel detto anno, armarono XXXII galee per levare la detta oste, e andarono infino nel golfo di Calleri; incontanente la gente del re d'Araona n'armarono altrettante, e trassonsi fuori per combattere. I Pisani non si vollono mettere a la battaglia, ma si tornarono in Pisa, e disarmarono co·lloro danno e vergogna.
CCXI
Come messer Ramondo di Cardona co la gente de la Chiesa e de la lega di Toscani e Lombardi puose oste a la città di Milano.
Nel detto anno MCCCXXIII, a dì XI del mese di giugno, messer Ramondo di Cardona, capitano generale dell'oste della Chiesa, con quantità di XXXVIIIc di cavalieri tra soldati della Chiesa e del re Ruberto, colla gente del Comune di Firenze, e di Bologna, e di Parma, e di Reggio, e usciti di Milano, e con più cavalieri tedeschi fuggiti di Milano, e ancora de' presi in battaglia, a·ccui il legato avea fatti francare e rendere loro l'arme e' cavagli e dato il soldo, e con gente a piè innumerabile si partì da la terra di Moncia per andare all'assedio de la città di Milano. E giunti a la villa di Sesto presso di Milano, Galeasso e Marco Visconti signori di Milano con loro cavalleria e popolo uscirono di Milano intorno di MM cavalieri, faccendo segno di volere la battaglia. Messer Ramondo, ordinate sue schiere francamente, non rifusando la battaglia, si ristrinse verso la città; quegli di Milano per sospetto de' cittadini rimasi dentro, o per tema di soperchi nimici, si ritornarono in Milano con danno e vergogna. Messer Ramondo con sua gente pugnando contra loro prese per forza i borghi di porta Nuova, e quello di porta Lenza, e quello di porta Tomasina; e arsi i primi due borghi, in quello di porta Tomasina s'acampò con sua oste, a dì XVIIII di giugno, e quello afforzando, la città molto strinse, e tolse l'acqua di Tesinello, con intendimento di lasciare battifolle da quella parte, e al monistero di Santo Spirito da porta Vercellina che per lui si tenea, e mutare l'oste tra porta Romana e quella di Pavia per chiudere al tutto la città: nel quale oste i Fiorentini il dì di santo Giovanni di giugno feciono correre il palio, onde i Melanesi si recarono a grande disdegno, e poi ne feciono bene vendetta, come innanzi farà menzione.
CCXII
Come la città di Milano fue soccorsa, e come l'oste della Chiesa se ne partì.
Nel detto anno e mese di giugno quegli di Milano, veggendosi a mal punto, si mandarono per soccorso al signore di Verona, e a quello di Mantova, e a l'altre terre ghibelline di Lombardia, e ancora agli ambasciadori del re Lodovico di Baviera ch'erano in Lombardia, mandando a dire, se non dessono loro sùbito aiuto, che renderebbono la città di Milano a la Chiesa. I quali non oservando patti né saramenti fatti al legato, e promesse di non soccorrere i ribegli de la Chiesa, sì vi mandarono i detti ambasciadori con titolo d'imperio con CCCC loro soldati. E giunti in Milano i detti ambasciadori e cavalieri, quello Bertoldo conte di Niferi d'Alamagna si fece fittizziamente vicario d'imperio, e a Galeasso Visconti fece lasciare il titolo de la signoria, e rafforzò lo stato della città; ma per ciò non s'ardiro d'uscire a campo contra l'oste della Chiesa, la quale era molto possente. Apresso, a dì XX di luglio, i detti signori di Mantova e di Verona e' marchesi da Esti, che allora erano di loro lega contra la Chiesa, mandando ancora in aiuto di quello di Milano Vc cavalieri e M pedoni; e passando il fiume del Po, per trattati fatti, credettono i detti cavalieri torre la città di Parma a petizione de la parte di Gian Quirico; il quale trattato scoperto con danno di loro, non venne loro fatto; e credettono ancora prendere Firenzuola, e con danno di loro si partirono, e andarne a Milano. In quello assedio di Milano trattati avea assai da quegli di Milano a quegli dell'oste della Chiesa, tutti coverti di tradimenti dall'una parte e da l'altra; e credendosi messer Ramondo e gli altri capitani dell'oste della Chiesa, con ispendio di moneta assai e grandi promesse trattando co' Tedeschi ch'erano nel campo, che facessono co' Tedeschi ch'erano ne la città, che dessono loro l'entrata de la città, o almeno l'abandonassono e venissono nel campo da la loro parte, avenne tutto il contradio: che X bandiere di Tedeschi ch'erano nell'oste della Chiesa in quantità di Vc a cavallo subitamente si partirono dell'oste e entraro in Milano. Per la qual cagione, e ancora perché grande infermeria si cominciava nell'oste, gli usciti di Milano, isbigottiti e colla paura del tradimento, quasi tutti si partirono dell'oste e si ritrassono a·lloro castella e a la terra di Moncia. Messer Ramondo veggendosi rimaso pur co' soldati del re e de la Chiesa e degli altri Comuni, in quantità di MMD cavalieri, si ricolse con sua oste, e mise innanzi prima la salmeria e popolo minuto, dando battaglia a la città: colle schiere fatte si partì da Milano e dì XXVIII di luglio, e se n'andò a Moncia sano e salvo, che per sua levata quegli di Milano non ardirono d'uscire loro dietro a battaglia, overo per più savia capitaneria. E così è da notare che i·niuna forza umana si può avere ferma speranza, che in sì piccolo tempo sì possente e vittoriosa oste, com'era quella della Chiesa, per gli sopradetti avenimenti si partì isbarattata dal detto assedio di Milano.
CCXIII
Come quegli di Milano assediaro l'oste della Chiesa in Moncia, ma levarsene in isconfitta.
Nel detto anno, dì VIII d'agosto, quegli di Milano uscirono ad oste sopra la terra di Moncia con IIIm cavalieri e popolo grandissimo. In Moncia era messer Ramondo di Cardona coll'oste della Chiesa rimaso con MM uomini di cavallo. Quivi si puosono ad assedio, e dimoraronvi infino al primo dì d'ottobre; e essendo ne la detta oste grandissima infermeria e mortalità, e molta gente di quella oste partita, uscendo fuori la gente a piè de la Chiesa con balestrieri venuti da Genova per assalire il campo, quegli dell'oste sanza riparo di battaglia si partiro a piè e a cavallo, chi meglio e più tosto si poté guarentire; e così rimase il campo e tutti i loro arnesi a la gente della Chiesa. Poca gente vi fu morta e presa, se non degl'infermi, perché l'asalto fu sproveduto e sanza la cavalleria, sì che poca fue la caccia e tardi, che già i Melanesi s'erano ricolti.
CCXIV
Come Castruccio venne ad oste a Prato, e come i Fiorentini vi cavalcarono, e le novità che ne furono in Firenze.
Nel detto anno MCCCXXIII Castruccio signore di Lucca prese audacia e baldanza de la cavalcata che poco dinanzi aveva fatta sopra le terre del Valdarno sanza contasto de' Fiorentini: il dì di calen di luglio subitamente cavalcò in sul contado del castello di Prato, perché i Pratesi non gli voleano dare tributo come i Pistolesi, e puosesi a campo a la villa d'Aiuolo presso a Prato a poco più d'uno miglio con VIcL uomini a cavallo e con IIIIm pedoni, con tutto si credesse in Firenze che fossero presso a due cotanti genti. I Fiorentini incontanente saputa la novella, serrate le botteghe e lasciata ogni arte e mestiere, cavalcarono a Prato popolo e cavalieri isforzatamente; e ciascuna arte vi mandò gente a piede e a cavallo, e molte case di Firenze grandi e popolani vi mandaro masnade a piè a loro spese; e per gli priori si mandò bando che qualunque isbandito guelfo si rassegnasse ne la detta oste sarebbe fuori d'ogni bando; il quale bando non saviamente fatto, ne seguì poi grande pericolo a la città. Avenne poi appresso che il dì seguente si trovarono i Fiorentini in Prato MD cavalieri e ben XXm pedoni, che i IIIIm e più erano isbanditi, molto fiera gente; e ordinarono il seguente dì d'uscire a battaglia contra Castruccio, e spianando le vie il detto Castruccio, la mattina III dì di luglio si levò da campo, e con grande paura de' Fiorentini, e ancora di tradimento de' Pistolesi, si partì d'Aiuolo, e colla preda ch'avea fatta in sul contado di Prato passò l'Ombrone, e sanza arresto, e di buono andare di galoppo, si ridusse a Serravalle: e con tutto che Castruccio n'andasse a salvamento per la discordia de' Fiorentini, fu tenuta la sua venuta folle condotta. Che se i Fiorentini avessono mandata di loro gente, come poteano, tra Serravalle e l'oste di Castruccio, a certo Castruccio e sua gente rimanevano morti e presi; ma a cui Idio vuol male gli toglie il senno. I Fiorentini rimasi in Prato con poca ordine e con difettuoso capitano, e per vizio de' nobili, che non voleano vincere la guerra in onore e stato di popolo, scisma e discordia nacque ne la detta oste; che il popolo tutto volea seguire dietro a Castruccio, o almeno andare a oste in su quello di Lucca, e' nobili quasi tutti non voleano, assegnando loro ragioni ch'era il peggio. Ma la cagione era perché parea loro esser gravati degli ordini della giustizia, che non voleano essere tenuti l'uno per lo malificio dell'altro; la qual cosa per lo popolo non s'aconsentia, e per questa cagione più dì stettono in quello errore, e mandarono a Firenze ambasciadori per la diliveragione del cavalcare o tornare l'oste in Firenze. Consigliando sopra ciò in Firenze in sul palazzo del popolo, simigliante errore nacque tra nobili e popolani, e adurando di pigliare partito di consiglio in consiglio, il popolo minuto ch'era di fuori, cominciando da' pargogli fanciugli, raunandosi in quantità innumerabile di gente, gridando: "Battaglia, battaglia, e muoiano i traditori!", e gittando pietre a le finestre del palazzo, essendo già notte, per tema del detto romore del popolo i signori priori col detto consiglio, quasi per nicessità e per acquetare il popolo minuto a romore, stanziaro che l'oste procedesse. Questo fu a dì VII di luglio. E fatta la detta diliberazione, tornati gli ambasciadori a l'oste a Prato, si partì la detta oste di Prato, dì VIIII di luglio, con mala voglia e infinta per gli nobili, se n'andarono per la via di Carmignano a Fucecchio, e giunti a Fucecchio, sanza niuno buono fare, od onore del Comune di Firenze: ma se in Prato avea errore tra' nobili e 'l popolo del cavalcare, maggiore fue a Fucecchio di non valicare né entrare in sul contado di Lucca. E sì era cresciuta l'oste e crescea tutto dì, che 'l Comune di Bologna vi mandò CC cavalieri, e 'l Comune di Siena altri CC; e oltre a quegli tutti i nobili de le case di Siena a gara, chi meglio meglio, vennono in quantità di CCL a cavallo molto bella gente, e i Conti e altre terre e amici; onde l'oste era sì possente, se vi fosse stato l'accordo, ch'a l'assedio di Lucca e più innanzi poteano con salvezza andare, che Castruccio s'era ritratto a la guardia di Lucca con grande paura, e poca di sua gente mandati a guardare i passi sopra la Guisciana. Ma sempre ov'è la discordia è il minore podere, tutto sia più gente; e ancora per difetto del non sofficiente duca, il conte Novello, che non era capitano a conducere sì fatto esercito, per necessità convenne tornassono a Firenze sanza nulla fare, con grande onta e vergogna di loro e del Comune di Firenze. E oltre a questo, crescendo peggio al male, che certi nobili scommossono gli sbanditi, che non sarebbono dal Comune tratti di bando, onde a bandiere levate vennono i detti isbanditi innanzi a la città, credendo per forza entrare dentro, la sera, dì XIIII di luglio. Sentendo ciò il popolo a suono di campane s'armò, e trassono a la guardia de la città, del palazzo del popolo; e tutta la notte guardaro francamente, temendo di tradimento dentro ordinato per gli detti certi de' nobili. Gli sbanditi perduta la speranza, e la mattina vegnente, dì XV di luglio, tornando la cavalleria e l'altra oste, si fuggirono i detti isbanditi, e la città si racquetò con molta riprensione. Avemo seguito per ordine questo processo de' Fiorentini, perché siamo di Firenze e fummo presenti, e il caso fu nuovo e con più contrari, e per quello seguì apresso, per dare esemplo a' nostri successori per lo nanzi d'esser più franchi e più interi e di migliore consiglio, vogliendo onore e stato de la repubblica e di loro.
CCXV
Come il vescovo d'Arezzo prese il castello di Rondine.
Nel detto anno, a dì XVII di luglio, s'arrendé il castello di Rondine al vescovo d'Arezzo, e gli Aretini che v'erano stati ad assedio più mesi. Stando que' d'entro a speranza che' Fiorentini gli soccorressono, nol vollono fare, tra per non potere per le cagioni di su dette, e per non rompere pace agli Aretini.
CCXVI
Come Castello Franco si rubellò a' Bolognesi, e come lo riebbono.
Nel detto anno, a dì XVIIII di luglio, si rubellò per tradimento del signore di Modona Castello Franco de' Bolognesi, i quali Bolognesi subitamente vi trassono per comune; e per lo sollecito soccorso, e che quegli di Modona non v'erano ancora giunti, racquistarono il castello, e' traditori strussono.

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Ultimo Aggiornamento:12/07/05 23:01